domenica 2 maggio 2021

Vantaggi Competitivi - Seconda Parte

 di Pierluigi Venturi

Nell’articolo dello scorso 14 febbraio avevamo fatto un breve excursus sul significato del vantaggio competitivo, rimarcato la necessità di andare oltre a quanto studiato/appreso in passato, per affrontare il nuovo contesto competitivo. Questo non significa che quanto studiato sino ad oggi sia da buttare, ma, semplicemente, che potrebbe non essere più sufficiente. Inoltre, continuare a formulare strategie per le nostre aziende, come le abbiamo sempre pensate, potrebbe diventare anche pericoloso, in quanto il ritardo di molte nostre PMI (e non solo) su alcuni temi, come ad esempio la digitalizzazione, le pone in una condizione di debolezza rispetto ai nostri competitors internazionali. Occorre decisamente cambiare passo!



 

Il contesto è profondamente cambiato! Lo diciamo tutti oggi. Tuttavia era cambiato anche prima dell’arrivo del Covid-19, aggiungo io. È sufficiente prendere i dati Istat e qualche studio di Confindustria, Cerved, Sace, Prometeia ecc. precedenti al 2020, per rendersene conto. Ora però tutti quanti noi sembriamo aver raggiunto una maggiore consapevolezza. Molto bene! Meglio tardi che mai! Tuttavia prima di realizzare una nuova progettualità occorre comprendere bene le ragioni del nostro ritardo e, soprattutto, non possiamo pensare di farlo dalla sera alla mattina.  Riflettere attorno al concetto di vantaggio competitivo con nuovi paradigmi, a mio avviso, è un buon punto di partenza.

 

In passato, abbiamo appreso che, un vantaggio competitivo non è abbastanza se non è sostenibile, ovvero non è duraturo nel tempo.

A tal proposito, Jay Barney celebre professore americano, in un articolo del 1991 scrisse: “Un vantaggio competitivo per essere sostenibile non deve basarsi su risorse e competenze che siano rilevanti, non facilmente reperibili e replicabili ed essere organizzate in modo tale da creare valore”. 

Questa definizione ha molte implicazioni perché significa che le risorse fisiche ed umane devono essere rivolte a:

·        Permettere all'azienda di sfruttare le opportunità e combattere le minacce del contesto in cui opera;

·        Essere limitate. Il vantaggio competitivo risulta dal fatto che l'azienda usa risorse e strategie diverse da quelle degli altri concorrenti. Se tutte le aziende usassero le stesse risorse, non ci sarebbe possibilità che una di queste avesse un vantaggio competitivo;

·        Essere difficili da replicare. Questa difficoltà può essere determinata da diversi fattori: ad esempio, le risorse e le competenze possono essere legate ad uno specifico periodo di tempo e spazio, così che solo alcune aziende che hanno seguito un certo sviluppo possono ottenerle. Un'altra ragione può essere data dal legame tra le risorse e competenze e il vantaggio competitivo poiché l'interazione e la natura degli elementi che creano il vantaggio competitivo possono essere difficili da comprendere e interpretare e quindi copiare. Un'ultima ragione per questo punto sono dei fenomeni sociali interni e esterni all'azienda che influenzano il vantaggio competitivo;

·        Essere non sostituibili. Se, infatti, rimpiazzassimo una risorsa con un'altra e ottenessimo lo stesso risultato non avremmo un vantaggio competitivo e nessuna risorsa strategica.

Insomma, non è proprio semplice creare un vantaggio competitivo e gettare le basi per renderlo sostenibile nel tempo. Che fare? O meglio, se volessimo tradurre in concreto la teoria della sostenibilità, cosa dovremmo fare praticamente? Partiamo con il dire che dovremmo:

·        Assicurarci di avere delle risorse intangibili e forti come brevetti, il valore del marchio, copyright, contratti a lungo termine e altre risorse difficilmente imitabili;

·        Disporre di una varietà di prodotti piuttosto che focalizzarci su uno solo e cercare di puntare su qualcosa di molto innovativo e tecnologico. In questo modo (almeno all'inizio) saremo protetti dalla differenza tecnologica e potremo poi adattarci e seguire altre strade con gli altri prodotti al cambiare delle condizioni ambientali;

·        Puntare al massimo dell'efficienza dei costi grazie all'uso di una tecnologia innovativa o di una strategia aziendale funzionale;

·        Costruire un team forte e ben integrato nel contesto in cui operiamo. In questo modo le pratiche burocratiche e le altre operazioni che richiedono l'interazione all'interno dell'azienda o con l'ambiente esterno, saranno più facili da gestire;

·        Tenere saldo il mercato e la base di clienti. Se il nostro marchio ha acquistato un certo potere nel mercato e siamo riusciti a creare una base di cliente abbastanza stabile, dobbiamo usare tutto il potenziale e presentare i nuovi prodotti ai nostri clienti esistenti, se possiamo soddisfare i loro bisogni;

·        Concentraci sul bisogno che vogliamo soddisfare. Non cercare di strutturare un bisogno o servizio troppo ambizioso. Scegliamo una o più sfere di azione e sviluppiamo il nostro servizio o prodotto in questo senso per non rischiare di avere troppi obiettivi e non riuscire ad offrire una soluzione adeguata.

 

Come detto, nel precedente articolo, la diversificazione può rappresentare un vantaggio competitivo e soprattutto un’assicurazione nei confronti di un settore che potrebbe andare incontro a difficoltà. Ricordo che con il termine diversificazione intendiamo diverse cose che possono essere riassunte dall’efficace definizione di Wikipedia che propongo di seguito: la diversificazione è la crescita basata su nuovi mercati e nuovi prodotti. 

Da sempre, quando parliamo di investimenti finanziari, riteniamo opportuno accostare il verbo diversificare ai prodotti proposti, in quanto è considerata un’ottima pratica per contenere il rischio sugli investimenti.  In ambito produttivo, invece, in passato veniva considerato molto rischioso allontanarsi dal proprio mercato e/o prodotto/servizio di riferimento, a meno di progettualità ben formulate che riuscivano a contenerne i rischi. Insomma si considerava il rischio crescente a mano a mano che ci si allontanava dal proprio ambito.  (Cfr. Fig. 1)  



Fig.1 Esempio di diversificazione. Coca Cola


La sperimentazione è stata da sempre lo strumento che ha permesso di contenere il rischio di decisione sbagliate. Sperimentare significa produrre dei dati e quindi prendere decisioni con maggiore consapevolezza. Oggi è molto più praticata che in passato considerato il contesto di mercato dove, saturazione e globalizzazione dello stesso, rendono molto complesso individuare i canali più corretti attraverso i quali veicolare la comunicazione. Il rischio può essere gestito, contenuto e valutato, ma per chi decide di fare impresa non è possibile eliminarlo. Occorre raggiungere un livello di analisi per cui viene “accettato”. Magari ne parleremo meglio in un prossimo articolo.

Tornando all’analisi dei vantaggi competitivi, oggi, numerosi studiosi ritengono che sia molto rischioso anche rimanere fermi e limitarsi a fare il “compitino”, come si usa dire.  Forse più rischioso che sperimentare strade che non portano nell’immediato a risultati concreti. Il motivo ti tale cambio di paradigma è legato al nuovo concetto di Vantaggio competitivo che si collega all’attuale contesto di mercato.

 Rita Gunter McGrath, docente della Columbus School, nel 2019, ha pubblicato in Italia un libro dal titolo molto forte: “La fine del vantaggio competitivo. Ripensare alla strategia per restare al passo con il mercato”. Il lavoro originario della McGrath risale al 2013 quando precisò con decisione, già dall’introduzione, quale sarebbe stato il suo obiettivo: “In questo libro analizzerò il concetto del vantaggio competitivo sostenibile e sosterrò che i dirigenti devono smettere di usarlo come fondamento delle loro strategie. Al suo posto offrirò una prospettiva strategica fondata sul concetto del vantaggio competitivo transitorio: per vincere in contesti volatili e incerti, i dirigenti devono imparare a sfruttare in modo rapido e deciso opportunità di breve durata. Sosterrò che le strutture e i sistemi profondamente radicati su cui fanno affidamento i manager per estrarre il massimo valore da un vantaggio competitivo rappresentano una passività – obsoleta e persino pericolosa – in un ambiente competitivo in rapida evoluzione. Questo, almeno, sembra chiaro a tutti. Ma allora perché la prassi strategica di fondo non è cambiata? La maggior parte dei dirigenti, anche quando si rende conto che i vantaggi competitivi sono qualcosa di effimero, continua a utilizzare approcci e strumenti strategici pensati per ottenere un vantaggio competitivo sostenibile, non per sfruttare rapidamente i vantaggi e passare da un vantaggio all’altro. Il libro che avete tra le mani affronta questo problema. Offre un nuovo insieme di prassi basato sul concetto del vantaggio competitivo transitorio, non sostenibile. Con questo libro, avrete a disposizione un nuovo manuale di strategia, basato su un nuovo insieme di ipotesi su come funziona il mondo: e scoprirete che alcune delle aziende di maggior successo al mondo utilizzano questo nuovo manuale per competere e vincere in un contesto di vantaggi competitivi transitori.”

Personalmente sono molto d’accordo con quanto sostiene Rita McGrath anche perché i numeri parlano chiaro: i vantaggi competitivi sono davvero diventati transitori. Detto questo, ritengo anche che spingere troppo l’acceleratore sulla transitorietà potrebbe generare comportamenti controproducenti nel breve periodo, soprattutto se a farlo fossero PMI e ditte artigiane che si trovano nella fase di costruzione di una loro identità. Rita McGrath nel suo lavoro ha considerato aziende con una capitalizzazione di borsa da un miliardo di dollari. Dimensione molto lontana dalla maggioranza delle nostre imprese.  Questo non significa che un tale manuale non possa essere applicato dalle nostre PMI!  Anzi, sarebbe auspicabile che tutte quante lo utilizzassero!  Tuttavia, dal mio punto di vista, molte delle nostre imprese scontano un gap di ritardo culturale rispetto al contesto competitivo che stiamo vivendo. Ritardo che coinvolge sia imprenditori che collaboratori. Dico questo, perché applicare il manuale strategico proposto da Rita McGrath significa cambiare completamente la visione del fare impresa. Noi tutti sappiamo che la Vision dell’imprenditore è condizionata dalla sua cultura e da quanto sia diffuso il suo pensare all’interno della propria organizzazione.  Adottare, dunque, un paradigma strategico che valuti il vantaggio competitivo come qualcosa di transitorio, senza passare attraverso una valutazione del livello culturale dell’imprenditore e della sua organizzazione, può essere molto pericoloso. Occorre in primis partire da qui: con la realizzazione di un progetto di crescita culturale in modo che l’organizzazione sia in grado di accogliere un nuovo paradigma strategico. Ad ogni modo, indipendentemente, dal percorso che si sceglierà, una piccola impresa non può, oggi, non inserire l’elemento dei vantaggi competitivi transitori nell’analisi strategica e nelle valutazioni andamentali; pena l’uscita stessa dal mercato.

 

Nel prossimo articolo entreremo maggiormente nel merito di questi aspetti. La figura 2 rappresenta una bella metafora degli argomenti che affronteremo. In sintesi, occorre pensare al vantaggio competitivo come fa un surfista con l’onda che intende cavalcare: ricercare sempre la migliore con la consapevolezza che, durante il suo surfare verso riva, dovrà, necessariamente, cercarne sempre di nuove se vuole raggiungere la destinazione in piedi.

Fig. 2 Metafora del Vantaggio Competitivo transitorio


domenica 25 aprile 2021

Dalla Passione alla Professione

 di Mauro Rapa

Negli incontri del martedì, per la serie “Il mondo che vorrei”, continua la nostra attività rivolta innanzitutto a favorire l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro attraverso questi scambi di esperienze che, ne siamo convinti, rappresentano  uno dei migliori metodi incentivanti e propedeutici per le scelte che si andranno a fare. Sono incontri comunque importanti anche per chi non è più propriamente giovane, ma accrescere le proprie conoscenze è sempre un arricchimento.

Il tema proposto in questo incontro nasce dalla sintesi di quello precedente, dove sono emerse le tre famose parole chiave: Passione, Competenza e Cultura.


Elaborando con il Direttivo queste tre parole, abbiamo impostato la scelta del tema della serata e dei relatori, verso un concetto tanto chiaro quanto inconfutabile: Dalla Passione alla Professione.

Martedì 20 aprile, alle  ore 21, in videoconferenza su Zoom, abbiamo incontrato quattro giovani ragazzi che, nell’impostare la loro attività, hanno confermato che solo attraverso la passione si arriva alla Professione, o perlomeno questo è vero nella maggioranza dei casi.

In sintesi i concetti e le situazioni raccontate dai relatori:

- Daiana Capoferri. Titolare "Daiana Atelier". Ci ha tenuto a sottolineare che la sua è una passione nata tra le mura domestiche, dove, dal babbo alla mamma ai fratelli, tutti e fin da piccoli, hanno fatto ed ereditato il “gusto” di lavorare a mano. Orafo il padre, Orafa la sorella, Orologiaio il Fratello e Parrucchiera nonché tutto fare, la mamma. Come poteva Daiana non amare il lavoro manuale ? Anche nella scelta degli studi, ha proseguito su questo filone portandosi dietro questa sua innata vena creativa favorita dall'ambiente famigliare dove ha sempre prevalso l'amore nel vedere nascere dalle proprie mani qualcosa di originale e rappresentativo, per il Cliente ma, soprattutto per se stessi. Daiana inoltre, completa il suo profilo grazie al valore aggiunto che le dà l'avere un  grande cuore ed una spiccata sensibilità, che oltre alla passione e alla competenza, ne fanno un ‘artista completa capace di grande empatia ma anche una valida Imprenditrice o, se volete, una valente Artigiana.

 - Danilo Sfuggiti. Prodotti Biologici. La storia di Danilo invece è diversa perché al momento, la sua è solo una passione, ma si è capito che non vede l’ora che tutto si trasformi presto anche nella sua Professione futura. L’origine però è sempre la stessa: l'ambiente famigliare, nello specifico,  il nonno. Fin da piccolissimo, Danilo lo seguiva, lo imitava e ne ricavava non tanto consigli ma passione. Il nonno era un tutto fare e questo è rimasto a Danilo. Lui è Perito Meccanico, ma le pareti dell’ufficio gli stanno strette. Sceglie di abbandonare questo tipo di lavoro ma ama l’aria aperta e ora fa il muratore anche se  non è quella la sua vera passione. Come il nonno, lavora i cesti, il legno, i mobili, insomma tutto ciò che è creativo e permette di esprimere manualità.   Viene attratto dal mondo delle Api ma non si accontenta e quando ha l’occasione di ereditare un po’ di terreno, ecco che esplode in lui la vera passione: l’agricoltura Biologica.

Ci sta provando, sa che le difficoltà sono tante, teme più quelle burocratiche che quelle che derivano dal vecchio detto “la terra è bassa”. Non si ferma, va avanti e sicuramente, avendo una passione sfrenata per tutto ciò che nasce dalle sue mani , presto ne farà una Professione. Questa è la sua aspirazione.

 - Silvia Bruscia. Avvocato Civilista.

Così si racconta: "La passione per la mia professione nasce sin da piccola poiché amavo leggere, studiare e contestare sempre tutto, perciò, finiti gli studi universitari presso l’Università “Carlo Bo” di Urbino nel 2011, con votazione di 110/110, ho iniziato la pratica forense in uno Studio Legale in Pesaro. Successivamente, ho anche ottenuto il Diploma di specializzazione per le professioni legali, onde aprirmi anche la possibilità della carriera in magistratura, ma in realtà ho continuato nel mondo dell’avvocatura.

Così nel 2015 ho sostenuto e superato l’esame di avvocato e nel 2017 mi sono iscritta all’Ordine degli Avvocati di Pesaro come libera professionista.

Per circa due anni, mi sono formata professionalmente collaborando con Studi legali del riminese e infine nel 2019 ho deciso di fare il grande passo e mettermi in proprio. Attualmente ho il mio Studio, sito in Colli al Metauro alla Via Roncaglia n. 28 e mi occupo di diritto di famiglia: ho incarichi dal Tribunale di Pesaro come amministratore di sostegno, tutele legali e curatele, ma lavoro anche con privati per separazioni/divorzi, revoca e/o riduzione assegno di mantenimento ecc.. Inoltre, mi occupo anche di “obbligazioni e contratti” (es. recupero del credito, sfratti, pignoramenti mobiliari, presso terzi o immobiliari..), offro consulenza stragiudiziale (contrattualistica, diffide, permessi di soggiorno..) e, infine, ho dato disponibilità al Tribunale di Pesaro ad assumere l’incarico di curatore nei fallimenti e di delegato alla vendita nelle esecuzioni immobiliari.

Sono una ragazza determinata e tenace e credo in ciò che faccio, mettendoci tutta me stessa e, anche se la strada è in salita, come dico sempre, la passione muove tutto perché “volere è potere”.

- Stefano Moricoli. Titolare Running Center. La storia di Stefano è veramente emblematica per  il tema della serata. Lui è un podista e da tanto tempo partecipa alla vita sportiva ed Associativa della gloriosa Società Podistica d Lucrezia. Vi partecipa come praticante del podismo ma anche come dirigente organizzatore di eventi e dopo i necessari studi, consegue anche il titolo di Istruttore di Atletica Leggera.

Nel cuore, anche Lui ha questo sport. Come tanti, per non dire come tutti, bisogna pur vivere e non solo correre e Stefano lavora con importanti ruoli in una società di Fish Food. La passione però prende il sopravvento, la moglie poi lo asseconda , anzi lo stimola e Stefano si butta in un impresa che vista da lontano, rasenta la follia. Oggi che gran oarte degli acquisti si fanno on-line, oggi che la grande distribuzione la fa da padrona, Lui crea un gioiellino: il Running Center.  Ci mette tutta la passione, tutta la sua competenza che gli deriva dall’essere un atleta ed il gioco è fatto. Da lui non si acquista semplicemente una scarpa, ma si studia il piede, la postura e tutto ciò che serve per dare il meglio di se stessi e di ricavarne i maggiori benefici. Ovviamente non solo scarpe ma tutta la filiera del Running. Oggi la sua attività va a gonfie vele, a conferma del fatto che la Passione e le Competenze, se ben dosate, danno e daranno sempre i loro frutti.

Segue un interessante dibattito tra i numerosissimi intervenuti al collegamento, dove a domande per i relatori, sono seguiti consigli soprattutto relativamente alla gestione della propria attività e delle difficoltà oggettive del momento e i relatori sembrano tutti molto reattivi anche a questi stimoli.

Sono emerse altre due parole chiave che elaboreremo nei prossimi incontri:

l’Inclinazione e l’Ossessione.

L’Inclinazione che precede la Passione, è un dono di natura e se c’è va incanalata verso la passione ed i successivi risultati.

L’Ossessione è tipica di chi, sapendo di avere una Passione, ha paura di non farcela o di sbagliare dal punto di vista tecnico, commerciale e gestionale.

Tanto materiale per i nostri prossimi incontri del Martedì.

La serata si conclude con un grande “in bocca al Lupo” ai giovani appassionati del proprio lavoro e l’appuntamento per tutti, Soci e Amici LVDS, è per l’Assemblea Ordinaria di Martedì 27 aprile, alle ore 21, sempre su Zoom, per approvare il Bilancio Consuntivo del 2020 e quello previsionale del 2021.


Per chi volesse rivedere la registrazione della serata è possibile accedere cliccando sul link qui di seguito:

Dalla Passione alla Professione 20 Aprile 2021

mercoledì 21 aprile 2021

La Vesperbild di Cartoceto

 di Giorgio Battisti - Architetto e Storico dell'Arte


Ciascuno di noi osserva il mondo e ne ha coscienza in base al bagaglio di cultura, sapere ed esperienza che ha accumulato nella propria vita. Su questo formiamo le nostre opinioni, esprimiamo giudizi e modelliamo le nostre esistenze. Ho iniziato ad occuparmi di arte per cercare di non rimanere completamente in silenzio davanti all’oggetto artistico, ma di avere almeno le nozioni di base per la sua comprensione. Con questo spirito voglio iniziare la rubrica parlando di un piccolo oggetto che si conserva all’interno della chiesa della Pieve dedicata ai Santi Pietro e Paolo. Si tratta di una scultura lignea composta di due figure: la Madonna seduta che ha sulle proprie ginocchia il corpo esanime di Gesù, morto la sera del venerdì santo. La dimensione verticale della figura di Maria si contrappone a quella orizzontale del corpo rigido di Gesù. 
L’episodio non è riconducibile agli avvenimenti descritti nei vangeli, neanche sui testi apocrifi che raccontano le vicende della vita di Cristo. Una invenzione forse derivante da una interpretazione popolare di ciò che potrebbe essere accaduto dopo la deposizione di Gesù dalla croce. L’iconografia di questo tipo di scultura devozionale è nata nel XIV secolo in Germania ed è identificabile con il termine VESPERBILD (letteralmente "immagine del Vespro"). Il soggetto era legato alla pratica devozionale di confrontarsi con i dolori della Passione, di Maria e Gesù, compatendone le sofferenze in modo da partecipare al sentimento religioso delle feste cristiane (soprattutto la Pasqua) e trovare conforto per le sofferenze proprie del fedele, attraverso l'immedesimazione e la preghiera ispirata. Conobbe una notevole fortuna anche in alcune regioni italiane; dapprima in Friuli, attraverso la Slovenia, poi nel centro, Marche e Umbria, già a partire dalla fine del Trecento, arrivando in pieno Rinascimento anche a Roma. Ispirò molti capolavori dell’arte italiana: dai VESPERBILD nacque infatti il tema iconografico, noto col nome di Pietà, che numerosi maestri del XVI secolo dipinsero e che Michelangelo rese sublime nel marmo con la PIETA’ conservata all’interno della basilica di S. Pietro. La VESPERBILD della chiesa della Pieve ha le seguenti caratteristiche: la Vergine Maria con la mano destra sostiene il capo del Cristo mentre il braccio sinistro è piegato quasi a novanta gradi con la mano protesa in avanti a sottolineare il sacrificio del figlio per la redenzione dell’umanità; ha la veste rossa con decorazioni in oro nei polsini e nel girocollo e il manto blu che lascia parzialmente in vista i capelli; è seduta con il capo eretto, lo sguardo fisso e triste verso il corpo di Gesù adagiato sulle sue ginocchia e ormai irrigidito dalla morte, con il costato ferito e il corpo martoriato dalla crocifissione. Il braccio destro completamente abbandonato è quasi perpendicolare al terreno mentre quello sinistro è adagiato sopra il corpo all’altezza del panno che copre le nudità del Cristo. Sulle mani e i piedi sono bene in vista i buchi dei chiodi. Le dimensioni della scultura sono le seguenti: altezza cm 72, larghezza cm 45 e spessore cm 37. I colori della veste della Madonna sono quelli classici: veste nelle tonalità del rosso che simboleggia la terra e manto nelle tonalità del blu/azzurro ad indicare il cielo a sottolineare la doppia natura, terrestre e divina del personaggio.
Come riportato nel libro “CARTOCETO i tesori ritrovati” a cura di Claudio Vagnini e Olga Valeri, nell’arco temporale che va dal 2000 al 2008 è stata oggetto di un accurato restauro che ha riportato l’opera all’antico splendore cromatico. Questi oggetti che al giorno d’oggi consideriamo “artistici” all’epoca erano creati in serie, a scopo devozionale, da botteghe artigianali specializzate.

sabato 17 aprile 2021

La pulenta in t’la panèra

E’ ritornato l’inverno, per questo proponiamo un piatto tipico dei nostri territori.

Per la primavera, aspettatevi ricette fresche e sfiziose.

Preparazione della Polenta:

Litri 1 di acqua ogni 200gr di polenta, sale grosso qb.


Mettere polenta e sale nell’acqua fredda e mischiare ogni tanto fin quando prende bollore, poi, girare continuamente fin quando la polenta non è cotta (45 minuti circa).

Se la polenta si indurisce troppo, aggiungere dell’acqua bollente o se è troppo liquida un po’ di farina di polenta.

Per il sugo:

Costine di maiale tagliate a pezzetti, salsicce fini, carne macinata, passata di pomodoro, brandy.

Fare il soffritto con olio extra vergine d’oliva e cipolla, poi aggiungere le costine e farle rosolare; unire le salsicce tagliate a pezzi, lasciarle soffriggere, poi aggiungere la carne macinata e continuare la cottura. Versare un goccio di brandy e farlo evaporare; unire sale e pepe e aggiungere passato di pomodoro e acqua. Il tutto deve sobbollire per minimo 1 ora e mezza.

La Panèra:

Mettere la polenta al centro della panèra, poi in due persone stendere la polenta e distribuirla in uno strato uniforme.

Con un cucchiaio si fa una riga tutta intorno a 2 cm. dal bordo in modo che il sugo non fuoriesca. Distribuirlo sopra uniformemente e alla fine una bella spolverata di parmigiano.

La polenta si mangia con il cucchiaio perché “la pulenta in t’la panèra, va strascinéta”.

Vari momenti della preparazione


Buon Appetito!


domenica 11 aprile 2021

Mammane

 di Giovanni Pelosi

foto di Patrizia Renzoni

Chi aiutava le donne ad abortire clandestinamente era definita “mammana”, una figura un tempo presente un po’ ovunque nella nostra provincia e una statistica del 1808 offre il seguente prospetto:

                           Medici                    Chirurghi                     Mammane

Fano                          3                               2                                 2

Cartoceto                   1                               1                                  1

Saltara                       1                               1                                  1

Serrungarina             1                                /                                   1

 Mentre per le prime due categorie viene precisato un quadro puntuale e analitico, per la terza si sottolinea che “esercitano tale professione senza però conoscere l’ostetricia per principi”. Il numero di quelle che “illegittimamente” svolgevano tale attività “era considerevole” e ben oltre l’indagine che ne era stata avviata. L’esame dei verbali della Cancelleria Criminale, Tribunale religioso, consente di poter dire che si è perlopiù in presenza di “praticone”; di chi riteneva di avere una certa conoscenza del corpo femminile anche attraverso gli insegnamenti avuti in casa. Così è stato per Petronilla che aveva iniziato “l’arte sotto la sotto la direzione della di lei madre ormai vecchia e cagionevole”. Alle mammane si presentavano quelle donne che l’ignoranza, la miseria, le condizioni di vita, le avevano portate a prostituirsi, non mancavano quelle che avevano subito stupri, né quelle che si abbandonavano a dubbie frequentazioni e pratiche disoneste.

Non era solo il Parroco che vigilava sulla moralità dei suoi parrocchiani, ma anche gli stessi abitanti del luogo “stante le cattive pratiche degli ammogliati nonché dei giovani per il cattivo esempio che davano”, per cui da parte del Vescovo venivano emanati decreti di allontanamento dal paese, come più volte accadde a Ripalta e non solo. Cosicché dalle Mammane venivano portate anche donne provenienti da altri territori.

Antonia e Petronilla, due note mammane di Fano nella prima metà dell’800, riferiscono di giovani donne che si erano rivolte a loro provenienti da Novilara e Roncosambaccio. Alcune di esse appena partorito avrebbero voluto avrebbero voluto ritornarsene subito a casa per timore che i genitori o i vicini potessero scoprire quanto loro accaduto , ma le condizioni in cui si trovavano, lo stato “infermiriccio” o la loro debolezza non sempre permettevano lo spostamento. Sempre Antonia racconta l’arrivo nella sua casa di una donna incinta accompagnata dalla madre; partorirà una bimba che alle ore 5 di notte, avvolta in panni laceri consegnò lei stessa alla ruota e ricevette come ricompensa e per il suo silenzio 15 baiocchi.

La mammana di S. Giorgio riferisce di una donna incinta che le chiese di assisterle nell’imminenza del parto avvertendola che se la creatura fosse stata sufficientemente robusta non l’avrebbe fatta battezzare nel paese, ma in un luogo più lontano e che l’avrebbe poi portata nel brefotrofio.

Per ben vivere o morire

 Da quanto detto nella prima parte di questa ricerca sul brefotrofio di Fano, si può ritenere che, pur nelle condizioni di miseria e di stenti, le esposte esterne godevano di una certa autonomia potendo in qualche misura disporre di se stesse e operare delle scelte, quelle che invece rimanevano all’interno del Conservatorio fino a che non venissero adottate o richieste come spose, conducevano una esistenza regolata da norme e consuetudini radicate nel tempo. È così possibile fornire un quadro sull’organizzazione e funzionamento del brefotrofio.

Era la campana a scandire tutti i momenti della loro vita quotidiana così come avveniva nei conventi. Al suo suono si dovevano rapidamente alzare dal letto e chi non obbediva prontamente andava incontro a varie sanzioni: dal rimanere a pane e acqua e senza pietanze, alle ulteriori conseguenze derivanti alla relazione sull’accaduto inviata ai responsabili del Conservatorio. Le esposte disponevano di mezz’ora di tempo per vestirsi e assestare il letto; il tutto doveva avvenire in silenzio e con sollecitudine. L’abito che indossavano doveva arrivare fino al collo, privo di nastri, fettucce o altri ornamenti mondani, le maniche fino ai polsi e la gonna fino alle scarpe perché il tutto doveva essere conforme al decoro di chi era sotto la protezione di Maria Santissima e di San Michele e improntato alla modestia e all’edificazione non solo delle proprie compagne, ma anche degli estranei. Poi in ginocchio davanti al proprio letto, tutti insieme ad alta voce, seguendo l’avvio delle preghiere della più anziana fra loro si rivolgevano a Dio anche per averle conservate in vita quella notte e perché protegga i benefattori dell’istituto.

Era ancora la campana che al secondo tocco le invitava in chiesa dove per mezz’ora si dedicavano all’orazione mentale e all’ascolto della Santa Messa.


Fano, Chiesa di San Michele
Dopo la funzione religiosa si portavano nelle varie stanze del lavoro e la priora, a seconda dell’età e capacità delle esposte assegnava specifici compiti che riguardavano soprattutto il ricamo e la tessitura. Non dovevano restare mai sole, né parlare in modo da non essere udite da chi aveva avuto questo specifico compito dalla superiora. Non era permesso ad alcuna di accostarsi alle finestre né di colloquiare con persone esterne “se non quello di buon nome e reputazione”. Al momento del pranzo e della cena, se qualcuna non fosse stata puntuale perdeva la pietanza se era la prima volta; se si fosse ripetuto doveva aspettarsi un ulteriore “castigo”.

Non mancano disposizioni volte a tutelare la loro moralità e il decoro per cui nel dormitorio erano distribuite in modo che ogni tre o quattro letti vi fosse una loro compagna tra le più esemplari a cui spettava il compito di controllare le vicine in modo che osservassero le regole della modestia nel vestirsi e spogliarsi. Una norma infatti contemplava che “ognuna si spogli in modo che resti sempre coperta onde non offenda li occhi delle altre, perciò sotto i lenzuoli si levi ciò che è necessario per mantenere questa decenza.  E così nel vestirsi sotto i lenzuoli si ponga ciò stesso ed allora solo ne sorta”. Tali e altre regole dello stesso tenore che nelle loro impostazioni si rifacevano a quelle tipiche, anche se ancora più restrittive, della clausura, ma difficilmente erano seguite alla lettera se in un “Promemoria che si esibisce a Monsignor Vescovo” viene rilevato che “le orazioni in cui si occupano le giovani in comune vengono fatte senza metodo e ordine”. Così pure in chiesa avveniva che non vi era troppo silenzio ma “regna una gran irriverenza e vi sono delle giovani che disturbano le altre al punto di accostarsi ai sacramenti. Le esposte non rispettavano a detta dei superiori, l’ordine di portare i capelli come nel conservatorio Pio di Roma e cioè “legati insieme in una sola treccia dietro con fettuccia nera o scura alla semplice e tutte allo stesso modo proibendosi rigorosamente toppe, ricci, cerette, fiori e qualunque altra sorte di vanità; si vieta ancora a qualunque il tener presso di sé forcinelle , cipria o specchio”. Anche la disciplina interna non doveva funzionare al meglio se i giudici, quando andavano in visita al Conservatorio avevano in mano un bastone di canna d’India per controllare l’andamento comportamentale delle giovani. Si trattenevano in conversazione con la governante e con qualche altra esposta per sapere se qualcuna avesse disobbedito o non rispettato le più anziane e quando la canna d’India si alzava “minacciando una delinquente di qualche piccolo difetto, si aggrettava la carne a tutte dal timore”.

L’oggi

Torna la “Ruota” con il suo carico di neonati . Il fenomeno della pratica dell’abbandono non ha conosciuto arresti nel corso dei secoli, anzi, nell’Ottocento si verificò un aumento costante favorito dalla diffusione delle attività manifatturiere che richiedeva una presenza intensa delle donne. Da allora le “ruote” si sono moltiplicate in Italia nonostante la definitiva abolizione nel 1923 sotto il fascismo e anche in altri paesi europei. Una risoluzione dell’ONU del 2010 le mise in discussione per la possibilità di essere un incoraggiamento all’abbandono. La legge italiana in materia di assistenza a partire dai neonati è una delle più avanzate nel mondo dal momento che prevede di poter partorire in anonimato e garantisce alle donne non solo di essere assistite nella fase del parto. Ma anche di non essere perseguita nel caso di non riconoscere per proprio il nascituro; in questo caso subentra l’istituto dell’adozione da parte del Tribunale dei minori a meno che entro due mesi non abbiano un ripensamento a riguardo. In Italia si calcola che ogni anno circa 400 sono i casi di bambini non riconosciuti alla nascita e, secondo l’ISTAT, 700 quelli tra 0 e 3 anni a rischio di malnutrizione e malattia compresi quelli che non vengono depositati alle ruote.

Oggi vi sono modalità di accoglienza indubbiamente diverse, meno traumatiche e dagli antichi palazzi le ruote si sono spostate negli ospedali garantendo la salute del neonato e la non rintracciabilità della madre se questa è la sua intenzione. Senza essere viste le donne possono depositare in una culla riscaldata i figli che subito vengono presi in cura dall’apparato medico. 


Nonostante queste garanzie restano numerosi gli abbandoni dovuti a molteplici cause, dalle disagiate condizioni economiche alla povertà culturale, dalla marginalità sociale alla non cittadinanza italiana, dal pericolo di perdere il lavoro a violenze sessuali, dai parti in casa alle gravidanze nascoste.

Le nuove ruote chiamate anche “culle per la vita” hanno posto un grande freno a infanticidi, ai nati abbandonati come un tempo per strada, davanti alle chiese o, ai nostri tempi, addirittura gettati nei cassonetti. La decisione dell’abbandono, quando si ha a che fare con casi di così grande precariato, piuttosto che spingerci ad una condanna morale verso queste madri, va considerata come una scelta responsabile per concedere ai propri figli la possibilità di trovare una famiglia che dia loro amore. Penso che sia giusto offrire loro, volontariamente, la scelta di lasciare i propri dati in un apposito registro in modo che diventati maggiorenni, se lo desiderano, possano rintracciarli come genitori.

Penso ad una società più solidale.

                                                                                                                         Fine

lunedì 5 aprile 2021

Il Mondo che vorrei!

 di Mauro Rapa, Presidente LVDS

La Via della Seta, ha iniziato un nuovo percorso conoscitivo, dal titolo il “Mondo che vorrei”. L’obiettivo è sempre lo stesso: la crescita culturale, sociale ed economica dei propri iscritti, con particolare attenzione ai Giovani.

Martedì 30 marzo 2021, alle ore 21 ed in videoconferenza, abbiamo incontrato il Presidente del Consorzio Olio DOP Cartoceto, Tommaso Maggioli ed il produttore Giordano Galiardi dell’Omonima Azienda Agricola Biologica.

I due relatori hanno illustrato le loro rispettive aziende, mettendo in risalto le peculiarità ed il valore per sé e per tutto il territorio, della DOP e del Biologico.

Alle loro relazioni, si è poi aggiunto un contributo di una special guest d'eccezione: Angela D’Angelo, che da Alcamo in Sicilia, ha portato la sua esperienza di titolare di una Azienda agricola di famiglia,  che da molti anni ha intrapreso la strada del biologico.

Sono intervenuti anche numerosi soci ed amici, che non citiamo singolarmente per non correre il rischio di dimenticare qualcuno.

Se volessimo sintetizzare la serata in tre parole potremmo dire:

-        Passione.

-        Competenza

-        Cultura

Rappresentano la premessa per rendere credibile un percorso di crescita del settore agricolo che, nonostante i dati incoraggianti di mercato e il favorevole regime di sostegno UE, presenta non pochi ostacoli.

Per un giovane che non possiede un’azienda di famiglia è difficile entrarvi in quanto ci sono diverse barriere all’entrata; gli operatori del settore trovano molte difficoltà a fare rete e a potenziare DOP e biologico; la presenza dei prodotti italiani sui mercati internazionali è molto inferiore rispetto al potenziale; eccetera. Il superamento degli ostacoli sarà possibile solamente se riusciremo a risignificare le tre parole suddette e renderle coerenti con il contesto che stiamo vivendo.

Per questo, la nostra Associazione, intende adoperarsi per far sì che possa emergere una rinnovata passione per il settore Agricolo; che si possano aumentare ed adeguare le competenze che servono per affrontare il nuovo contesto competitivo; ed infine, ma non da ultimo, considerato che fa parte del nostro DNA, contribuire ad una crescita culturale di tutti gli Operatori: siano essi Storici, Giovani oppure i prossimi a scendere in campo.

domenica 21 marzo 2021

Un Omaggio alle Donne

di Mauro Rapa

 L’Associazione Culturale La Via della Seta, anche in regime di Covid, non poteva non coinvolgere Soci ed Amici nel rendere “ Un Omaggio alle Donne”. Per questo, in collegamento con la piattaforma ZOOM, ha indetto un incontro tra coloro che desideravano liberamente partecipare, sia come ascolto che con una propria testimonianza, purché al femminile. Ne è scaturita una serata emozionante dove si è riso, si è riflettuto e ci si è pure commossi.

Questo grazie alle numerose testimonianze che i partecipanti hanno portato. A tutti è stato concesso un tempo massimo di 5 minuti ed il è caso di dire che quando si hanno cose serie ed importanti da esternare, 5 minuti sono un tempo sufficiente, perché a tutti è bastato per esprimere i concetti ritenuti importanti e significativi da condividere con gli altri, a dimostrazione che spesso, poche parole, se sentite, sono più incisive di inutili, lunghi e snervanti monologhi e dibattiti. Ecco perché la serata è risultata leggera ma allo stesso tempo intensa e significativa. Come potrete rilevare dagli interventi che qui di seguito riportiamo, ancora una volta, il concetto tanto caro alla nostra Associazione, quello di una cultura a 360°, è stato ampiamente confermato. Se si vuole crescere, se si vuole aggregare per stare bene insieme, non si può essere settoriali o monotematici. Se poi il tutto si basa su interventi ed azioni fatte da persone competenti, ognuna per il proprio settore, professione, attività o passione, allora il cerchio si chiude ed i risultati sono assicurati nel pieno rispetto dell’articolo 2 del nostro statuto che cita: a - di favorire la crescita culturale, democratica e civile dei propri iscritti; b - di stimolare, attraverso la propria azione, lo sviluppo delle diverse tendenze ed aspirazioni sociali nell’interesse della comunità locale. Veniamo ora alla serata e ai temi trattati dai Soci e dagli Amici intervenuti.

Il Dott. Roberto Budassi ci ha parlato di “La” Covid 19 – Una storia al Femminile, mettendo in risalto, con numeri alla mano ed esempi concreti, quale sia stato il ruolo ed il prezzo pagato dalle donne nell’affrontare questa pandemia.

 Lorenzo Rondina, il nostro docente per i corsi di lingua straniera, pur giovanissimo, con grande sensibilità e realismo, ci ha parlato di Ilse Weber, Scrittrice internata ad Auschwitz, di ciò che lei ha fatto e tramandato da quella tragica e, speriamo, irripetibile esperienza. 

Ester Muscò, dottoressa in legge, appassionata di ogni forma di cultura e bellezza, sceglie come testimonial femminile la giornalista e scrittrice Rula Jebreal, palestinese con cittadinanza italiana, nonché “ambasciatrice morale” della nostra nazione. Nel suo ultimo libro “Il cambiamento che meritiamo”, pone fortemente l’accento su come le donne stanno tracciando la strada verso il futuro. L’istruzione è l’arma più potente per l’indipendenza delle donne. 

Di Marco Polidori, poeta lucreziano, abbiamo letto la Poesia “Donne e Donne”, premiata al festival internazionale di letteratura di Taormina nel 2012, una poesia intensa, drammatica ma tanto tanto bella e meritevole del premio ricevuto. 

Daiana Capoferri, la nostra stilista, titolare dell’omonimo Atelier, nonché ispiratrice della formula di questa serata, ha raccontato la vita di Franca Sozzani, Giornalista di Moda, direttrice di Vogue e del suo modo innovativo di concepire il ruolo della donna nella moda e nella nostra società.

Gloriana Baldelli, ha esaltato il ruolo della mamma Oderfla Gennari e ci ha deliziato con alcuni “detti pesaresi” che la mamma spesso le ripeteva e che lei fortunatamente ha trascritto e che per la loro veridicità non andrebbero mai persi. 

Pierluigi Venturi, il nostro esperto di Economia, ha messo in risalto la figura di Joan Robinson, la prima donna economista inglese ad ottenere una cattedra a Cambridge. La Robinson è stata fonte d’ispirazione per economisti come i premi Nobel Stigliz e Sen e ha contribuito fattivamente alla stesura della “ Teoria Generale dell’occupazione, interesse e moneta (1936)” di Keynes. Le sue tante opere, spesso fuori dal coro e mai banali, le hanno donato l’appellativo de “la ribelle di Cambrige”. Inoltre, la sua costante ricerca di andare oltre a quanto già studiato, rende particolarmente attuale il suo pensiero. 

E’ toccato poi al Presidente Mauro Rapa, rendere la serata un po’ più “leggera” omaggiando una donna, Teresa, che lui considera la ispiratrice involontaria ma genuina di tutte “le frustèt” che vengono scritte a Isola di Fano per la Festa di San Rocco. Ha letto una delle tante frustate a lei dedicate e se volete gestire quantitativamente una polentata, chiedete a Teresa.

Gloria Del Bianco la più giovane dei presenti, ha tratto da recenti studi, la storia di Egerìa, una donna che è stata una scrittrice romana, autrice di un Itinerarium in cui racconta il suo viaggio nei luoghi santi della cristianità. Da considerarsi la prima Donna Storica di ogni tempo. 

Ilaria Pierucci, in questa giornata dalla forte carica evocativa, incentrando il suo intervento su un forte messaggio di emancipazione e autonomia, non poteva esimersi dal parlare di Virginia Woolf, la grande Scrittrice attivista femminista, considerata figura di riferimento della letteratura del XX secolo e della lotta per la parità tra i sessi. 

Paola Santi, con grande commozione, ci ha parlato di Emma, la mamma, recentemente scomparsa per Covid. E’ stato un racconto per lei difficile e per tutti noi di grande pathos in quanto siamo tutti consapevoli che, quando chi ti ha insegnato tutto della vita, se ne va senza che tu lo possa nemmeno salutare, è e resta un vuoto incolmabile. 

Dopo aver parlato di tante donne e dei loro ruoli, ne mancava uno importante, decisivo e meritevole: la moglie. Lo fa Alfio Magnesi parlandoci della sua insostituibile compagna nella vita e nel lavoro: sua moglie Gigliola la quale è anche sua Socia e stretta collaboratrice nella sua azienda - la Ideostampa - dove ricopre il fondamentale ruolo Amministrativo. Alfio ci ha parlato di Lei e lo ha fatto con passione, rispetto e un amore tanto invidiabili quanto reali e sinceri. Un racconto e un esempio di come, con ruoli, libertà e sogni diversi, oggi più che mai, l’uomo e la donna possono e debbono convivere nel rispetto della propria famiglia, del lavoro e dell’amore reciproco.

Valerie Gattari, naturopata, dall’esotico nome francese, ci ha parlato della mamma che, giovane marchigiana espatria nella grande metropoli Parigina, poi si trasferisce in quella Milanese ed ora, per il meritato riposo, è ritornata nelle proprie terre, portando con se una mentalità, una gestualità ed una visione della vita modernissime, ma intelligenti e piene di umanità. 

La conclusione non poteva essere se non quella di dedicare alle nostre donne una poesia, scritta da una donna, Augusta Tomassini. Lei ipovedente, autrice di innumerevoli poesie tradotte in tante lingue in tutto il mondo, dalla sua Sterpeti, non potendo partecipare alla serata, ci ha inviato “Donna” che così termina…Donna, madre, moglie, amante, anche col passar degli anni bellezza splendente. Non buttarti via, è sempre tempo di prendersi cura di te.

Un abbraccio a tutte le donne.

È possibile rivedere la serata cliccando qui.

domenica 14 marzo 2021

Il Margine di Contribuzione viene assunto come misura della Redditività dei Prodotti

di Luciano Giambartolomei 

I sistemi tradizionali pretendono di pervenire alla conoscenza del costo complessivo e quindi dell’utile attraverso la relazione:

                                         Prezzo di vendita del prodotto

                                       - Costo complessivo del prodotto

                                       = Utile determinato del prodotto


Il sistema del margine di contribuzione ha fatto emergere l’impotenza dei sistemi ambigui che, nel mentre promettono di far conoscere il costo complessivo e l’utile dei vari prodotti, in realtà non fanno conoscere proprio niente. 

Infatti, l’utile determinato dalla vendita di un dato prodotto non dipende solo dalla differenza:

                              PREZZO DI VENDITA – COSTO COMPLESSIVO

Ma anche, e soprattutto, dal

                              VOLUME DI ATTIVITA’ RAGGIUNTO DALL’AZIENDA

Pretendere, come fanno i sistemi tradizionali, di conoscere separatamente l’incidenza delle spese generali e dell’utile è illusorio. Infatti tali conoscenze potranno aversi solo alla fine dell’esercizio quando sarà noto il volume di attività raggiunto dall’azienda.

Si presenta allora questo problema:

Se è impossibile conoscere l’utile determinato dai vari prodotti perché esso dipende dal volume di attività che l’azienda raggiungerà alla fine dell’esercizio, quale criterio bisogna adottare per stabilire la redditività dei vari prodotti?”

E’ infatti evidente che ogni azienda deve concretare una politica commerciale fin dall’inizio di ciascun esercizio e non può aspettarne la fine per fissare i prezzi di vendita dei vari prodotti; prezzi che di tale politica sono gli elementi qualificanti.

Per stabilire un criterio volto a determinare in modo oggettivo la redditività dei vari prodotti il SISTEMA DEL MARGINE DI CONTRIBUZIONE fa la considerazione:

 “Poiché l’UTILE determinato dalla vendita di un prodotto dipende dal volume di attività che l’azienda raggiugerà alla fine dell’esercizio non ci si può basare su di esso per stabilire la redditività dei vari prodotti, che deve essere valutata nel momento in cui vengono immessi sul mercato”.

In tale momento sono noti solo due elementi:

·       Il PREZZO al quale il prodotto viene posto in vendita, calcolato tenendo conto dei prezzi di mercato

·       Il COSTO VARIABILE del prodotto

Pertanto, quale misura della redditività dei vari prodotti bisogna assumere la differenza:

                           PrezzoCosto variabile = Margine di contribuzione

Tale differenza costituisce una specie di margine lordo cui è affidato l’incarico di coprire i costi fissi del periodo e di consentire la formazione dell’utile.

In base a tale criterio i prodotti più redditizi sono quelli che hanno un più elevato MARGINE DI CONTRIBUZIONE. Essi, infatti, dopo aver recuperato i COSTI VARIABILI, lasciano a disposizione un elevato MARGINE DI CONTRIBUZIONE che verrà utilizzato per coprire i COSTI FISSI dell’esercizio e successivamente per dar luogo alla formazione dell’UTILE.

Facendo riferimento ai prodotti che compaiono nella tabella 01 possiamo ordinarli in base al valore assoluto tabella 02 e al valore percentuale del relativo margine di contribuzione tabella 03.


Tabella 1


  

Tabella 2


                                                            

Tabella 3

                                                            


Il sistema del margine di contribuzione è equo

Il requisito di equità deriva al sistema dal fatto di imputare a ciascun prodotto in modo diretto i componenti di costo ad esso chiaramente attribuibili, limitando al minimo i componenti di costo in modo indiretto.

Il requisito di equità porta alla fissazione di equi prezzi di vendita.

Il sistema del margine di contribuzione è analitico

Il requisito di analiticità deriva al sistema dal fatto di disaggregare i costi in base all’area aziendale in cui sorgono e al responsabile gerarchico che ne risponde; e di imputarli successivamente a ciascun prodotto nel modo più dettagliato possibile.

Il requisito di analiticità permette di tenere sotto controllo i fatti gestionali:

- scoprendo con immediatezza eventuali scostamenti fra preventivi e consuntivi;

- individuando le aree aziendali in cui è necessario intervenire;

- suggerendo i modi e i tempi secondo cui procedere agli interventi correttivi.

 

Il sistema del margine di contribuzione è operativo

Il requisito di operatività deriva al sistema dal fatto di discriminare fra costi variabili di prodotto e costi fissi di struttura.

Il requisito di operatività permette di giungere ad operative scelte di politica aziendale essendo possibile prevedere in precisi termini quantitativi le conseguenze economiche delle varie decisioni alternative.

In particolare il SISTEMA DEL MARGINE DI CONTRIBUZIONE permette di dare risposte alle domande che ogni imprenditore si pone quando deve decidere la programmazione economica della sua azienda.

Domande che sono queste:

    •        Come variano i costi e il risultato economico al variare del volume di attività dell’azienda?
    •        Qual è il volume di attività che l’azienda deve raggiungere per coprire tutti i suoi costi fissi di struttura ed entrare nella zona dei profitti?
    •        Su quali prodotti l’azienda guadagna e su quali perde?
    •        Nella bassa congiuntura, quando gli ordini già acquisiti non sono sufficienti a saturare la capacità produttiva, qual è il minimo prezzo di vendita che l’azienda può accettare per un dato prodotto?
    •       In relazione all’entità dell’ordine, qual è il limite di convenienza ad accettare i prezzi proposti da clienti speciali (grandi magazzini, catene di acquisto, grandi importatori esteri)?
    •       Conviene affidare lavorazioni a terzi?

A tutte queste domande il SISTEMA DEL MARGINE DI CONTRIBUZIONE è in grado di dare precise e rigorose risposte come avremo modo di verificare nelle prossime pubblicazioni.

Ne consegue che il SISTEMA DEL MARGINE DI CONTRIBUZIONE viene a porsi come elemento portante di ogni programmazione economica a breve e medio termine.

Se siete interessati a condividere dei vostri quesiti in merito, scrivete le vostre richieste per ricevere gratuitamente informazioni.