domenica 17 gennaio 2021

Riabilitare la cultura del dato in quattro mosse

 di Pierluigi Venturi


Nell’ultimo articolo del 15 Novembre 2020 c’eravamo lasciati con l’impegno di continuare a discutere di Cultura del dato. In particolare, mi ero impegnato ad indicare alcuni rimedi per riabilitare o inserire, all’interno di un’impresa, una cultura orientata al dato, laddove fosse assente.

Per avere un engagement positivo di tutti gli attori aziendali, occorre utilizzare metriche che facciano discutere. Può sembrare un’affermazione lapalissiana, ma per molti non lo è.  Del resto la cultura nasce proprio dallo studio, dalla sperimentazione, dal ragionamento, dal confronto e dalla discussione su un determinato argomento. Indicatori che non fanno discutere portano un modesto risultato in termini culturali.  Possono far parte del bagaglio di conoscenze e di competenze personali dei singoli, ma per trasformarsi in risorsa aziendale devono essere condivisi e produrre discussioni. 


Come sempre, ogni caso è un caso a sé ma il questionario sulla cultura del dato proposto nel precedente articolo è un buon punto di partenza. A mio parere, è sempre opportuno partire dalla prima domanda del questionario che vale la pena ripetere qui di seguito: Hai consapevolezza di come impieghi il tuo tempo? Sapresti fornire una prova per singola attività in 5 minuti? In realtà le domande sono due. Infatti, chiedere una prova della propria organizzazione non significa una mancanza di fiducia nei confronti dell’intervistato, ma serve a misurarne la consapevolezza. Se non utilizza un sistema di monitoraggio delle proprie attività, evidentemente, il suo livello di consapevolezza si basa sulla percezione e non su dei dati.

Nelle mie esperienze personali di manager prima e di imprenditore poi, chiedevo saltuariamente ai miei collaboratori di fare un'analisi su come spendessero il loro tempo, descrivendo ogni singola attività giornaliera con il peso in termini di minuti ed ore, le attività settimanali, le scadenze mensili e anche quelle ricorrenti nell’anno. Pretendevo che lo mettessero su Excel e ci ragionassero per almeno 7 giorni.  Al termine della loro riflessione volevo che il file mi venisse consegnato, per una mia valutazione. Successivamente procedevo con un confronto individuale che potesse stabilire un percorso al fine di rendere più efficiente ed efficace la quotidianità. Nei casi più complessi ed articolati, dopo gli incontri individuali, facevo seguire un breve incontro per risignificare i processi all’interno del team.

Prima mossa. Il tempo è la risorsa per antonomasia che deve essere costantemente misurata, perché non solo è scarsa e si presta ad usi alternativi, ma non è possibile immagazzinarla ed è facilmente deperibile. Quello che non possiamo fare oggi, non lo potremo recuperare domani. Per farlo dovremo, semplicemente, rinunciare a ciò che avremmo potuto fare domani o impiegare un collaboratore al nostro posto. Avere la consapevolezza di come ogni componente del sistema azienda spenda il proprio tempo è il primo passo di qualsiasi percorso di efficientamento e/o di programmazione e riorganizzazione aziendale. Il fine è sempre quello di portare maggiore valore all’azienda e quindi stabilire il classico 20% delle attività che portano l’80% dei risultati. Da qui inizia il ragionamento su come migliorare le performance relativamente al tempo impiegato per svolgere il 20% delle attività, ma anche e, soprattutto, per il restante 80% che, evidentemente, si presta a diverse interpretazioni. In sostanza è da qui che comincia la riabilitazione alla cultura del dato (cfr. Figura 1). Occorre ragionare sulle piccole porzioni di attività che producono effetti positivi anche su quegli aspetti cognitivi come la consapevolezza e la focalizzazione, così importanti per un percorso di crescita in generale e così fondamentali in un piano riabilitativo della cultura del dato.
Figura 1 - Principio di Pareto modificato nella gestione del tempo



Una volta iniziato il percorso di autovalutazione, solitamente le persone più propositive cercano di analizzare tutti i dettagli e facilmente si renderanno conto di quanto sia importante andare oltre il 20% di attività che producono l’80% del risultato e verificare quanto effettivamente le restanti attività portino in termine di valore. In definitiva occorre stabilire quelle attività che sono classificabili come mere perdite di tempo e portatrici di nessun risultato.  In figura 1 ho ipotizzato che anch’esse rappresentino un 20% delle attività totali. Durante il percorso di autovalutazione nella gestione del tempo, quindi, si possono individuare sia le attività più importanti che portano maggiore valore, sia quelle che possono/devono essere eliminate. Utilizzare il 20% del tempo che prima era impegnato a fare cose inutili, a pensare come migliorare il processo produttivo o qualsiasi altro aspetto del sistema impresa, è un buon modo per riabilitare la cultura del dato e la crescita dell’impresa in generale.

La seconda mossa da fare per riabilitare la cultura del dato, dopo la presa di coscienza di come viene impiegato il tempo singolarmente, è quello di procedere con la programmazione delle attività. L’obiettivo è quello di stimolare tutti gli operatori a formulare stime ed affinare ulteriormente la loro consapevolezza su come impiegano il proprio tempo. Solitamente i settori aziendali più ostici al “gioco delle stime” sono gli uffici tecnici e quelli creativi dove il risultato dipende da una serie di fattori e il tempo è solo uno degli aspetti che entrano in gioco. Quando si fa una programmazione che parte dalle stime dei singoli si va a toccare un aspetto facente parte degli habitus mentali delle persone che operano all’interno di un’impresa: l’assunzione di responsabilità. Occorre che l’imprenditore/leader sia consapevole che per ottenere un risultato in termini di programmazione, aspetto fondamentale per ogni altra attività aziendale, dovrà fare i conti prima di ogni altra cosa (prima ancora dell’utilizzo dello strumento gestionale) con la capacità di assumersi delle responsabilità da parte dei singoli. Potrà incontrare persone superficiali che faranno stime completamente sballate; altre che non ci dormiranno la notte per fornire dati credibili ed altre ancora che cercheranno di sfuggire dal gioco delle stime e quindi dall’assunzione di responsabilità. In ogni caso è solo attraverso un programma che può iniziare il confronto sulla strada da percorrere per il miglioramento. È l’unica possibilità di affrontare la discussione in modo oggettivo, lasciando le vicende dei singoli a margine della stessa discussione. 
Per coloro i quali si siano impegnati nel “gioco delle stime” ci sono serie possibilità che all’inizio si vada incontro a delle sonore delusioni. Per molti sarà motivo di stimolo ma per altri solo il pretesto per trovare giustificazioni di non continuare a fare stime e, quindi a non assumersi delle responsabilità.

La terza mossa decisiva per la riabilitazione della cultura del dato è il monitoraggio del programma e “l’individuazione dei famosi indicatori/indici che fanno discutere”. Siamo nella fase già evidenziata, anche nel precedente articolo, che per aumentare la cultura del dato in un’azienda occorre procedere per gradi e non sempre il numero degli indicatori/indici utilizzati è sintomo di diffusione della stessa. La cultura del dato presuppone un approccio diffuso in azienda. Ogni settore, oltre agli indicatori di monitoraggio condivisi, ne avrà di più specifici che utilizzerà al proprio interno. Ogni caso è un caso a sé ma alcuni indicatori/indici non possono proprio mancare. Ad esempio: il fatturato per addetto realizzato in un determinato periodo,  il fatturato “spedito” giornalmente ( utile indicatore per un magazziniere) se si tratta di un’impresa di produzione, il semplice fatturato se si tratta di un’impresa commerciale; la consapevolezza della marginalità e del costo orario; quanti preventivi arrivano, quanti e in che tempi vengono convertiti in ordini; il valore e la qualità del magazzino; l’incidenza delle principali voci di costo del conto economico; e tanto altro. L’altro aspetto che certifica la diffusione del dato è il livello di discussione. Di seguito due esempi che simulano una discussione sui  motivi per i quali il ROE e il MOL diminuiscono (cfr. Figura 2 e Figura 3).

Fig. 2 Riflessioni sui motivi della diminuzione del ROE


Fig. 3 - Riflessioni sulle ragioni di variazione del MOL



Gli esempi di riflessione sopra riportati rappresentano il punto di partenza a cui dovranno seguire maggiori approfondimenti e azioni concrete per il miglioramento. Ad esempio un recupero della marginalità passa attraverso una molteplicità di azioni. La prima tra tutte è quella di ragionare sul margine mix. Comprendere la composizione delle vendite di un’impresa è un passaggio fondamentale per poter compiere azioni che incidano sul margine (cfr. Tabella 1). In tabella 2 ho riportato un’ipotetica azione di pilotaggio del margine agendo solamente sul mix delle quantità prodotte e non sugli altri elementi che possono incidere sul risultato (prezzi di acquisto, prezzi di vendita e quantità prodotte complessive e/o un mix di tutte le componenti insieme).

Tabella 1



Tabella 2

La discussione dei dati alimenta la cultura, tuttavia occorre comprendere anche le modalità della discussione e gli strumenti di gestione che vengono utilizzati. Vale a dire: esistono report giornalieri, settimanali, mensili in cui vengono valutati i dati? Inoltre, sono accompagnati da un regolare confronto all’interno del Team o solo se il workflow operativo lo consente? Le azioni che seguono sono decise in team, individualmente e/o devono attendere l’autorizzazione del responsabile?
Il Timing nel reperimento dei dati e la qualità degli stessi, in termini di affidabilità e di facile lettura, fanno tutta la differenza del mondo sia per l’efficacia delle azioni correttive che per stimolare la crescita della cultura del dato. In questo caso i gestionali e gli strumenti utilizzati sono fondamentali per ridurre i tempi della ricerca delle informazioni.

La quarta mossa per riabilitare la cultura del dato è rappresentata dallo stimolo alla sperimentazione al fine di prendere decisioni più consapevoli. Ho già detto, in un precedente articolo, quanto sia importante a livello di mindset strategico utilizzare la sperimentazione. Ora, se si vuole davvero riabilitare la cultura del dato occorre procedere con “lo sperimentare la sperimentazione”. Sembra un gioco di parole, ma non lo è! Si tratta di abbattere alcune resistenze psicologiche che fanno parte dei sintomi classici dell’Artigianite (patologia che colpisce ogni tipo d’impresa e di cui ne discuteremo in un prossimo articolo). Occorre, dunque, che l’imprenditore/leader si sforzi di sperimentare in prima persona e che stimoli all’interno della propria organizzazione un tale percorso.  Come? Facendo sperimentazione e aggiustando il tiro attraverso l’analisi degli errori!

È evidente che le quattro mosse rappresentino solamente l'inizio. 

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