Capitolo 1: Opinioni, scienza e… opinioni di scienziati
di Roberto Budassi - Medico pediatra
Chi come me non è più giovanissimo, certamente ricorderà i successi di Azzurra all’America’s Cup nel 1983, splendida barca armata da Gianni Agnelli e condotta dallo skipper Cino Ricci. Il seguito fu tale che era diventato comune incontrare gente che discuteva animatamente di virate, strambate, bolina e così via come se tutti fossero diventati esperti di regate sportive ad alto livello, così come qualche anno più tardi, in un momento di grande espansione finanziaria, improbabili esperti in azioni, guadagni e speculazioni discutevano animatamente nei bar, dai parrucchieri e un po’ ovunque. Fino al crollo della borsa del 1987 e alla mancata vittoria in coppa di Azzurra.
Ai giorni nostri la tremenda situazione pandemica ha trasformato una certa parte della popolazione in virologi, immunologi, epidemiologi e clinici che si credono così esperti da mettere sullo stesso piano il loro inconsapevole parere “scientifico” con quello di chi passa una vita a studiare ultra complesse problematiche nel campo della virologia e della biologia in generale. Nel segno dei tempi, il dibattito trova la sede più adeguata nei molti canali del web, dove può esprimere il meglio ed il peggio di sé.
Certo è che la scienza in numerose occasioni non ha dato dimostrazione di saper correttamente trasmettere le conoscenze alla popolazione generale, e ancor più ha dato prova di non saper diffondere ciò che non si conosce appieno e che pertanto è argomento di discussione fra gli addetti ai lavori. In altre parole il dibattito scientifico è stato spostato sui media, ma senza una adeguata preparazione degli attori affinché non si creino false percezioni nella popolazione generale. Ad esempio sul Covid, specialmente nei primi mesi della pandemia, molti scienziati che sono stati interpellati di volta in volta hanno espresso pareri a volte contrastanti che in diverse occasioni sono stati interpretati come litigi fra scienziati che “non sono nemmeno d’accordo fra di loro”. Così il risultato meno grave è stato di creare confusione ed il più grave di ingenerare sfiducia nei ricercatori e nella scienza in genere. Tutto questo viene grandemente amplificato perché riportato a sfinimento sui social media.
È del tutto normale che chiunque non fosse avvezzo alla discussione scientifica, che a volte si fa anche aspra, potrebbe trovare difficoltà a coglierne il vero significato. In queste condizioni è facile perdere la fiducia nelle istituzioni scientifiche ed abbracciare strampalate teorie complottiste.
Tuttavia è innegabile che l’esposizione mediatica dei vari esperti, virologi, immunologi, epidemiologi e così via, sia stata oltremodo eccessiva e non abbia giovato alla trasmissione delle conoscenze. Infatti riuscire a mantenere un buon livello comunicativo quando quotidianamente si è “costretti” o invitati a rilasciare dichiarazioni potrebbe essere difficile, specie quando si tratta di persone abituate più al pragmatismo che alle pubbliche relazioni. Qui di seguito alcuni esempi molto noti ed esplicativi.
Nel corso di un’intervista rilasciata all’inizio dello scorso febbraio nel corso di un noto programma RAI, il prof. Burioni affermò categoricamente che il rischio di contrarre il virus in Italia fosse zero. Quel che è avvenuto un mese dopo lo smentì alla grande. Burioni subì feroci critiche e nell’opinione pubblica la sua credibilità ne soffrì alquanto. In realtà le dichiarazioni di Burioni erano molto più articolate dello striminzito riassunto che è girato sui media e soprattutto sui social, erano improntate ad una grande prudenza e soprattutto dettate da quanto allora si conosceva di quel virus. A poco servì chiarire che l’affermazione era relativa ad un momento storico in cui non c’era alcuna evidenza della circolazione del virus in Europa, che l’unico caso verificatosi in Italia e importato dalla Cina era stato prontamente intercettato, e che si era speranzosi che la Cina avrebbe saputo confinare il contagio nella regione di Wuhan. Ora sappiamo quanto le nostre conoscenze di allora fossero scarse: un virus completamente nuovo, dal comportamento clinico ed epidemiologico assolutamente imprevedibile, che nei mesi successivi avrebbe messo in ginocchio qualsiasi Nazione superandone tutte le difese. Di quell’intervista restò a futura memoria solo l’affermazione di cui sopra, per la quale Burioni subì in seguito pesanti conseguenze con attacchi sconsiderati sui social ed anche una lunga serie di calunnie, che nulla avevano a che vedere con le sue dichiarazioni.
Secondo episodio. Nel corso del mese di maggio, dopo un duro lockdown ed una lenta e cauta ripresa, il prof. Zangrillo vide progressivamente svuotarsi di pazienti la divisione di terapia intensiva dell’ospedale San Raffaele da lui diretta e soprattutto notò che i ricoveri per Covid nel suo ospedale erano del tutto cessati. Inoltre i pochi che si rivolgevano al pronto soccorso per Covid presentavano forme molto lievi e il più delle volte venivano subito rimandati a casa. Zangrillo si sentì autorizzato ad affermare pubblicamente che il virus, dal suo molto particolare punto di vista, fosse “clinicamente morto”, ma ovviamente si sbagliava. I primi a criticarlo furono proprio diversi altri ricercatori, medici e non, che trovarono quanto meno ardita questa affermazione. Quando ripresero i contagi e ricomparvero i malati gravi, Zangrillo si difese affermando che intendeva dire che in quel momento il virus non presentava caratteristiche che lo rendessero “clinicamente” pericoloso, ma ormai il danno mediatico di questa innegabile caduta di stile era compiuto. Per fortuna il prof. Zangrillo non ha dovuto subire attacchi violenti come accadde al prof. Burioni.
“Senza dati a disposizione, io non farei il primo vaccino che dovesse arrivare a gennaio contro il Covid”. Con questa dichiarazione rilasciata a Focus Live, il festival della divulgazione scientifica di Focus, il prof. Crisanti ha rischiato di essere annoverato fra gli antivaccinisti e comunque ha dato adito a grosse speculazioni da parte dei no-vax. Ovviamente le sue intenzioni erano ben diverse e le sue affermazioni erano perfettamente in linea con il metodo scientifico, né volevano screditare i vaccini contro il Covid che a breve sarebbero stati approvati, ma dal punto di vista della comunicazione scientifica, specie per le modalità delle sue esternazioni e per il contesto in cui le rilasciò, l’episodio non rappresentò certamente un esempio edificante. Tanto che Crisanti ha dovuto sottoporsi alla vaccinazione anti-Covid in diretta streaming per mettere a tacere le speculazioni dei no-vax.
Per raggiungere una vera e sana consapevolezza sulla situazione attuale in tema Covid 19, dovremmo innanzitutto scrollarci di dosso tutta la grande mole di notizie, contronotizie e discussioni che hanno caratterizzato il periodo pandemico e renderci conto che in questi pochi mesi dall’inizio della pandemia la ricerca ha fatto passi giganteschi, come mai prima d’ora in questo campo. Nei prossimi quatto capitoli, che verranno pubblicati uno ogni giovedì, parleremo di alcuni aspetti fondamentali di questa pandemia, con semplici e importanti informazioni, quelle dalle quali non si può prescindere. Inizieremo con un post dal titolo Una macchina perfetta in cui cercherò di illustrare le principali caratteristiche biologiche del coronavirus.
Aspetto le prossime sue pubblicazioni.. Visto che sono molto poco daccordo su quanto ha scritto.Grazie
RispondiEliminaGrazie per il suo commento. Le chiediamo la cortesia di firmarsi per un confronto costruttivo basato sulle competenze.
RispondiElimina