domenica 14 febbraio 2021

Vantaggi competitivi-Prima parte

 di Pierluigi Venturi

Mantenendo fede all’impegno assunto nello scorso ottobre, con questo articolo continuo il percorso che dovrebbe portarci ad accrescere il nostro bagaglio culturale per affrontare contesti di mercato sempre più dinamici. Oggi iniziamo a ragionare insieme su un concetto fondamentale del fare impresa: il Vantaggio competitivo.

Che cos’è un vantaggio competitivo? Come si fa a crearlo ma soprattutto, come si fa a mantenerlo?

Sono interrogativi che non fanno dormire gli imprenditori la notte, in quanto sono la chiave per poter stare sul mercato; sicuramente anche la base di studio di qualsiasi consulente, professore, ricercatore che cerchi di comprendere questo nuovo contesto competitivo generato dalla 4° rivoluzione industriale.

“Si racconta che uno dei motivi per cui la Germania vinse i Mondiali del ’54 contro l’Ungheria fu proprio un Vantaggio Competitivo, che nella definizione accademica di Wikipedia è descritto come ciò che costituisce la base delle performance superiori registrate rispetto alla media dei concorrenti diretti nel settore di riferimento.

Ma quale fu il Vantaggio Competitivo che permise ai tedeschi di vincere la Coppa del Mondo contro ogni pronostico? La memorabile partita del 4 Luglio 1954, nelle cronache sportive descritta come Il Miracolo di Berna, si disputò appunto in Svizzera davanti a 64.000 spettatori, e venne preceduta da una forte pioggia che rese il terreno molle e scivoloso. Il Vantaggio Competitivo Germanico era proprio lì sotto, nelle scarpe con cui i tedeschi riuscirono a sentirsi ancora leggeri ed elastici mentre davanti a loro gli ungheresi, con due carri armati ai piedi, affondavano ogni minuto di più. Gli scarpini Adidas avevano infatti una tecnologia allora unica: i tacchetti intercambiabili. Nel pantano d’erba e terra bagnata, avvenne così “il Miracolo di Berna”, i tedeschi avevano tacchetti lunghi e correvano e la partita finì 3 a 2. L’Ungheria era più forte ma la Germania aveva un Vantaggio Competitivo che la fece prevalere……La ricostruzione tedesca dopo la disfatta della II Guerra Mondiale, forse ricominciò proprio da lì, da un’inaspettata vittoria della Coppa del Mondo e grazie al Vantaggio Competitivo vero, consistente e fruibile che l’imprenditore Adi Dassler aveva inventato”.

Lo stralcio dell'articolo (Sole24h del 25-10-2018) sopra riportato credo che chiarisca piuttosto bene il concetto di vantaggio competitivo. Sicuramente con il senno di poi, l’Ungheria, se avesse avuto la possibilità di rigiocare la partita, si sarebbe organizzata ed il vantaggio competitivo della Germania sarebbe stato superato. 

A mio parere, il cambio di approccio che occorre avere nei confronti del vantaggio competitivo rappresenta uno dei cambiamenti più importanti che le imprese devono affrontare oggi, pena il rischio concreto di uscire dal mercato. Il continuare a ragionare di vantaggi competitivi come si faceva un tempo lo considero non solo un sintomo ma il manifestarsi concreto dell’Artigianite, come ho già avuto modo di dire nel mio libro.

Andiamo per ordine!  Non tutto quello che abbiamo imparato è da buttare, anzi, lo dobbiamo studiare e ristudiare per andare oltre!

Se si parla di vantaggi competitivi non si può che partire dall’economista, professore statunitense Michael Porter che ha scritto davvero tanto sulla competizione. Con il libro dal titolo “Competitive Advantage” del 1985 ha affrontato in modo sistematico il concetto di vantaggio competitivo e ha creato la famosa catena del valore di Porter (cfr. Fig.1).

Catena del Valore di Porter

Figura 1- Fonte Michael Porter. Competitive Advantage 1985

La figura 1 mi ha   affascinato da sempre perché al di là della distinzione tra attività primarie ed attività di supporto, comunica immediatamente quello che deve essere l’orientamento di ogni attività aziendale: seguire la “freccia” del margine.   

Il minor costo come Vantaggio Competitivo è il primo aspetto che si esamina ogni volta che si parla della catena del valore di Porter. A seguire la differenziazione ed infine, ma non come ultimo, la focalizzazione. Ora io mi chiedo, prima di partire con qualsiasi disamina, una PMI o una Micro impresa riuscirà mai a diventare un leader di costo nel suo settore di riferimento? Pensando a quale mercato di riferimento?  Avere un vantaggio di costo significa ottenere un costo cumulativo più basso per svolgere le attività generatrici di valore rispetto ai nostri concorrenti. Detto questo significa conoscere bene i nostri costi e quelli dei concorrenti. Tuttavia mi sorge spontanea anche la seguente domanda: siamo certi di conoscere tutti i nostri concorrenti? Non mi sto riferendo solo al fatto che potrebbero abitare dall’altra parte del mondo ma piuttosto, che in questo momento potrebbero svolgere attività che non attengono direttamente al nostro settore.

La differenziazione come vantaggio competitivo, da non confondere con la diversificazione di cui parleremo dopo, è la capacità dell’impresa di imporre un premium price per i propri prodotti superiore ai costi sostenuti per differenziarli, cioè dotarli di caratteristiche uniche che abbiano valore per i propri clienti al di là della semplice offerta di un prezzo basso. Si può manifestare potenzialmente ovunque, nella catena del valore: ogni attività può essere fonte di unicità. Il successo può nascere anche da una sola attività vincente (vedi Caterpillar nella sua rete di assistenza).  Creare un brand è un’altra forma di differenziazione. Evidentemente, manco a dirlo dipende dal percepito dei clienti e quindi come riusciamo a comunicarlo. Oggi siamo tempestati da comunicazioni pubblicitarie che indicano l’unicità del prodotto che stanno promuovendo. Nel mondo digitale, come dice Gaito nel suo libro (Growth Hacker. Mindset e strumenti per far crescere il tuo business.2017), “viviamo in un’epoca dove la realizzazione di un prodotto digitale (un’app, un blog, un e-commerce) è alla portata di tutti, anche di chi non ha conoscenze tecniche avanzate. Il vero problema nasce dopo la realizzazione del prodotto, ed è quello di riuscire a portarlo nei computer e negli smartphone dei tuoi potenziali utenti. Entrare nei loro uffici e nelle loro tasche.” Questa cosa non vale solo per i prodotti digitali, perché per poter affermare che il mio prodotto è differente devo comunque “entrare nelle tasche” dei miei clienti. Molte delle nostre imprese artigiane e PMI sono convinte di avere prodotti differenti, più belli rispetto a quelli che normalmente si trovano sul mercato e a costi più bassi. Inoltre, se parlavamo di turismo, prima dell’arrivo del Covid-19, sentivamo affermare molto spesso che abbiamo i posti più belli al mondo, il cibo più buono, ma non riusciamo a comunicarlo. Come se fosse una giustificazione! David Meerman Scott, famoso marketer americano, ha affermato: “la verità è che a nessuno frega niente del tuo prodotto, tranne che a te!”   

In prima battuta, potrebbe sembrare una risposta brusca e maleducata, tuttavia viviamo in un mondo in cui è davvero difficile differenziare i nostri prodotti e servizi e se vogliamo farlo, occorre in primis affrontare la realtà, faticare, pensare, ripensare, sperimentare, verificare e decidere, consapevoli del fatto che, puntando solo sulla differenziazione, potremmo incappare in un cliente che non è affatto interessato al nostro prodotto “differente” su cui noi abbiamo speso tante energie. Inoltre, laddove dovessimo trovare riscontro avremmo comunque il rischio della contraffazione o l’imitazione. Altrettanto vero che possiamo cercare di difenderci con brevetti, ma ne vale sempre la pena? Ovviamente il limite è sempre quello dell’analisi costi benefici. 

Continuando con lo schema Porter vediamo la focalizzazione come Vantaggio Competitivo. Creare un prodotto qualitativo per una nicchia di mercato o comunque far parte di un settore di nicchia può essere un vantaggio. Se penso alla mia esperienza di imprenditore per il settore nautico, sicuramente posso dire che per un certo periodo ho beneficiato di questa tipologia di vantaggio competitivo. Semplicemente per il fatto di far parte di questo settore che, pur avendo dimensioni mondiali, può essere considerato un settore produttivo di nicchia, avevo un vantaggio competitivo.  Tuttavia con il passare del tempo e con le trasformazioni avvenute nello stesso settore, dove qualità e competenze dell’approccio artigianale di un tempo, stavano progressivamente cedendo il passo ad un approccio più di stampo industriale, ho dovuto comunque fare riferimento ad altre leve come il contenimento dei costi attraverso una migliore organizzazione, l’investimento in un nuovo modo di progettare e monitorare le attività ed introdurre elementi di differenziazione del mio prodotto.

Per il vantaggio competitivo di focalizzazione possiamo individuare due rischi principali: la massa critica della nicchia o l’incapacità di soddisfare le sue esigenze per diversi motivi.

Come detto sopra la diversificazione può rappresentare un vantaggio competitivo e soprattutto un’assicurazione nei confronti di un settore che potrebbe andare incontro a difficoltà. Con il termine diversificazione intendiamo diverse cose che possono essere riassunte dall’efficace definizione di wikipidea: la diversificazione è la crescita basata su nuovi mercati e nuovi prodotti.  Un'impresa che opera su più settori è quindi un'impresa diversificata. 

Igor Ansov conosciuto anche come Anstoff produsse una matrice dove mise in relazione i prodotti ed i mercati in cui emergono sostanzialmente quattro modalità per diversificare.

La modalità orizzontale: produzioni nuove per gli stessi clienti (la meno rischiosa); la modalità correlata o concentrica: nuove attività strategiche (per esempio, si utilizzano competenze tecniche esistenti); la modalità conglomerale: estensione dell'attività verso aree completamente nuove. Nuovi mercati e nuovi prodotti, nuovi clienti con nuove tecnologie; la modalità verticale: l'impresa destina a sé stessa la nuova produzione.

I motivi per i quali le imprese in generale, senza distinzioni dimensionali, adottano strategie di diversificazione sono molteplici: si vogliono ripartire i rischi  su diversi business per non dipendere troppo da uno solo; diminuiscono le opportunità di mercato nel settore in cui l’impresa opera e c’è una stagnazione delle vendite; vi sono interessanti opportunità di espansione in settori con tecnologie e prodotti che integrano il business esistente; le risorse e competenze a disposizione dell’impresa costituiscono fattori chiave di successo per competere in altri mercati; vi sono buone opportunità di riduzione dei costi operando anche in business correlati; si può sfruttare un forte brand in altri ambiti per incrementare le vendite; inoltre per ridurre il rischio del settore e della filiera di appartenenza ed utilizzare i medesimi canali informativi per la ricerca e per l’innovazione, ecc...

Le modalità attraverso le quali operano le imprese per poter ottenere il vantaggio competitivo da diversificazione sono sostanzialmente quelle che vi evidenzierò di seguito: attingendo a competenze esterne o interne, con riferimento a business correlati o non correlati a quello di riferimento, con i pro e i contro in tutte le combinazioni.

Due esempi su tutti per chiarire. Il marchio Sony, come sappiamo si è affermato inizialmente nell’elettronica di consumo ed ha reso agevole ed economico l’ingresso dell’impresa nei mercati dei videogiochi con la console Playstation, favorito dal suo brand e dal mercato correlato utilizzando risorse interne ed esterne. L’altro esempio è General Electric che ha diversificato in settori che spaziano dai materiali tecnici ai servizi finanziari per privati ed ha acquisito/sviluppato imprese, da motori jet per aeromobili militari e civili, ad apparecchiature medicali. Evidentemente ha operato una diversificazione non correlata che, consiste nell’entrare in business che presentano catene del valore totalmente scollegate e prive di rapporti incrociati. In quest’ultimo caso l’impresa che opera questo livello di diversificazione lo fa seguendo le logiche finanziarie che, significano seguire tutti i settori con opportunità di crescita e di redditività.

Figura 3. Vantaggio competitivo come strumento per superare la crisi

In figura 3 ho riportato un’immagine che girava sul web e che mi trova molto d’accordo, relativamente alla possibilità di superare le crisi con la differenziazione e la diversificazione, considerandoli come i veri vantaggi competitivi in grado di farlo e pensare alla riduzione di costo come attività fondamentale, ma che non garantisce da sola nel lungo periodo la permanenza sul mercato.

Le crisi che ogni impresa deve affrontare possono essere di diverso tipo: riguardare la singola azienda, il settore di appartenenza, il sistema economico in generale o di alcune parti di esso ma, certamente, avere dei vantaggi competitivi è la chiave per poterle superare più facilmente. Riguarda quindi tutte le imprese che stanno sul mercato, indipendentemente dalle loro dimensioni. 

Ovviamente una PMI o una ditta artigiana possono avere meno vantaggi competitivi su cui puntare rispetto ad una grande azienda, soprattutto se occorrono dei capitali da cui partire. Tuttavia è mia profonda convinzione che, fatte le giuste proporzioni, debbano avere lo stesso approccio: la ricerca costante di vantaggi competitivi. 

Avere consapevolezza di questo e decidere su cosa puntare sono scelte strategiche che devono essere ben ponderate. E’ fondamentale avere una cultura del dato diffusa in azienda, compiere un'analisi SWOT per verificare i punti di forza e di debolezza, verificare il proprio settore di riferimento con il modello delle 5 forze competitive di Porter, dedicare una parte del budget in sperimentazioni per poi concentrarsi su quelle che funzionano ed infine, ma non da ultimo, ragionare fuori dagli schemi per ricominciare da capo l’analisi, perché come detto sopra dobbiamo riuscire ad andare oltre. Evidentemente dobbiamo tenere conto anche del timing, non possiamo impiegare anni per fare questa analisi, altrimenti il mercato nel frattempo è cambiato ulteriormente e finiamo per fare un esercizio sterile. Ad ogni modo la scelta dei vantaggi competitivi è una decisione strategica che dovrà essere formalizzata   per poter essere poi monitorata. Non la si può fare in cinque minuti!



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