di dott. Roberto Budassi - Medico Pediatra
Capitolo 5
È naturale che ognuno di noi desideri tornare al più presto a vivere esattamente come nell’era pre Covid. L’dea di una “nuova normalità”, fatta di mascherine, distanziamento, sanificazione delle mani e “andare al ristorante o a scuola in sicurezza” (che “sicurezza” non è mai, semmai è “con minor rischio”) non può essere accettata come normalità, è un modo di vivere ob torto collo, forzatamente. Personalmente sono certo che torneremo ad una esistenza in tutto sovrapponibile alla precedente, con normali rapporti interpersonali e la normale fruizione di tutti i servizi, ma non sappiamo quando e abbiamo molte incertezze sul come vivremo prima che ciò avvenga.
Come tutti i virus di questo
tipo, anche il nostro “amico” tenderà ad andare verso una sorta di adattamento
all’ospite, attraverso continue mutazioni e alla fine si ridurrà probabilmente allo
stato di agente infettante innocuo o molto prossimo dall’esserlo, come è già
accaduto agli altri coronavirus circolanti da molti anni e che attualmente sono
causa di semplici raffreddori o di altre lievi malattie respiratorie. Qualcosa
di simile potrebbe essere accaduta al virus influenzale che causò un secolo fa la
cosiddetta Spagnola, scomparso improvvisamente dopo due anni di feroce pandemia,
durante la quale sono decedute dai 30 ai 50 milioni di persone per la maggior
parte giovani. Ma è ovvio che con le conoscenze attuali e l’attuale tecnologia
non possiamo restare immobili ad attendere ed a sperare nel meglio, ma dobbiamo
utilizzare tutto quanto è in nostro potere perché si giunga al più presto al
termine di questo periodo buio. Da questo punto di vista le nostre armi più
efficaci si chiamano anticorpi monoclonali per quanto riguarda la terapia e vaccini
per quanto riguarda la prevenzione. Ed è soprattutto sui vaccini che il mondo
scientifico (e non solo) si appoggia perché tutto viri al meglio e lo faccia
velocemente, in quanto nessun sistema economico nel mondo potrà resistere
all’attuale situazione per più di un certo numero di mesi, senza contare poi i
danni psicologici ingravescenti dovuti al confinamento soprattutto a carico
delle nuove generazioni. Attivare e portare avanti una efficace campagna di
vaccinazione è così importante per la ripresa economica che tutti gli
economisti, a cominciare per esempio da Cottarelli (già il 15 gennaio,
intervista Rai) fino all’odierno discorso programmatico di Draghi, la mettono
come precondizione ad ogni intervento di politica economica espansiva.
Tuttavia sono attualissimi gli
allarmi sulle nuove varianti del SARS-Cov2 che si dice potrebbero essere meno
sensibili ai vaccini ed ai monoclonali. A questo proposito è importante
puntualizzare che il nostro coronavirus quando replica va inevitabilmente
incontro a numerose mutazioni, tanto che il virus più circolante in questo
momento, escluse quindi le più recenti varianti di cui si parla insistentemente
(Inglese, Sudafricana e Brasiliana), non è lo stesso virus che ha iniziato a
circolare nel mondo un anno fa e forse quello non era il virus che per primo è
passato dagli animali all’essere umano. Tuttavia è molto difficile che una
variante possa essere così diversa dai precedenti virus da risultare ampiamente
resistente ai vaccini o alle terapie, perché contemporaneamente ridurrebbe in
maniera significativa la sua capacità infettante; semmai potrebbe divenire un
po’ meno sensibile. Ciò a dire che attualmente i nostri vaccini mantengono
comunque una buona efficacia, se non altro nel prevenire la malattia grave, e
che quindi è del tutto utile e necessario andare avanti con i programmi di vaccinazione
globale, che contemplino la produzione in breve tempo di miliardi di dosi e la somministrazione
altrettanto rapida all’intera popolazione in ogni stato della Terra, perché è
solo così che si potrà ridurre la replicazione virale e ottenere un impatto positivo
e definitivo sulla pandemia. È un’operazione titanica, certamente, ma non
impossibile.
Il problema più attuale delle
campagne vaccinali riguarda l’insufficienza delle dosi prodotte, poiché le
aziende che sono arrivate al termine della sperimentazione sono molto poche,
Pfizer, Moderna, Astra Zeneca, Sputnik ed alcune cinesi, e di queste solo i
vaccini delle prime tre sono stati approvati in occidente, ma dobbiamo tener
ben presente che ci sono oltre cento vaccini in fasi più o meno avanzate di
sperimentazione e che già dal mese di aprile si prevede che avremo un così alto
numero di dosi totali in Europa ed in Italia, che dobbiamo seriamente porci il
problema di come riuscire a somministrarli “a tutto spiano”, per utilizzare un’esplicativa
espressione di Walter Ricciardi, il consigliere scientifico del ministro
Speranza. Uno per tutti il vaccino messo a punto dallo Spallanzani e dall’azienda
ReiThera, attualmente in sperimentazione, ma con ottime referenze iniziali e la
possibilità di concludere entro l’estate, del quale avremo a disposizione in
Italia 100 milioni di dosi all’anno verosimilmente dal prossimo autunno.
E se il virus nonostante tutto mutasse
in maniera sostanziale? Con tutto quello che si sta muovendo, in futuro non sarebbe
certamente difficile attrezzarsi per effettuare richiami con versioni continuamente
aggiornate dei vaccini, che godrebbero di una rapidissima approvazione per
l’utilizzo, un po’ come avviene per il vaccino stagionale dell’influenza. In
conclusione la situazione attuale, pur nella sua fluidità, non è tale da celare
la luce ora ben visibile in fondo al tunnel. Una luce che vorremmo divenisse
accecante entro la fine dell’anno in corso.
Ma cosa potrà accadere nel
momento in cui si inizierà a vaccinare in maniera più intensiva? Qualche
indicazione la possiamo trovare osservando chi è più avanti di noi. Israele, la
cui campagna di vaccinazioni è iniziata il 20 dicembre, ha vaccinato quasi il 50%
dei suoi 9 milioni di abitanti con una prima dose ed il 28% anche con la
seconda; in particolare l’80% degli ultrasessantenni ha ricevuto almeno una
dose di vaccino. I risultati fino a questo punto sono confortanti: il vaccino ha
protetto completamente il 95% dei vaccinati e da metà gennaio a inizio febbraio
le ospedalizzazioni per gli ultrasessantenni sono diminuite del 31% ed i casi
del 41%. Con quasi la metà della popolazione vaccinata almeno con una dose,
Israele sta riaprendo i centri commerciali, i musei, le librerie, ecc. mentre i
vaccinati, dotati di una specie di pass elettronico, possono accedere alle
piscine, partecipare ad eventi culturali e alloggiare negli alberghi.
Sarebbe auspicabile una
situazione simile nel nostro paese per inizio estate: anziani vaccinati in gran
parte ed un’altra parte significativa della popolazione generale vaccinata con
almeno una dose. Come in Israele e con l’aiuto dalla buona stagione, potremo
ottenere lo svuotamento dei reparti Covid negli ospedali. Confidando fortemente
che nessuno faccia lo stesso errore di un anno fa e cioè di considerare
l’epidemia superata e quindi ritenere inutile la vaccinazione, quello sarà il
momento di spingere molto forte sulla campagna vaccinale, per poterci
presentare alla stagione autunnale con il maggior numero possibile di persone
protette.
Si è accennato al fatto che
Israele offra una maggior libertà ai soggetti con certificato di vaccinazione
rispetto a chi vaccinato ancora non lo è; si tratta certamente di una discriminazione,
ma temporanea, in quanto si suppone che con i loro ritmi tutti gli abitanti
passeranno velocemente nella categoria dei vaccinati. Si sta iniziando a
discutere se uno scenario simile sia immaginabile in Italia, in Europa e nel
resto del mondo, ma almeno per il nostro paese si deve tener conto della
attuale non obbligatorietà della vaccinazione, dei diritti assicurati dalla
legge sulla privacy e forse anche di altre variabili che non consentirebbero di
discriminare anche momentaneamente una parte dei cittadini. È tuttavia evidente
che la presenza nella popolazione di un certo numero di persone che potrebbero
tenere vivo il contagio, seppure a bassa o bassissima intensità, potrebbe
rappresentare un grosso problema, ed anche la convivenza fra soggetti vaccinati
e non, in spazi sia aperti che chiusi, potrebbe portare a situazioni di non
facile soluzione. In effetti alcuni albergatori hanno già dichiarato che non
sarà loro intenzione ospitare soggetti non vaccinati per non doversi trovare in
ulteriori difficoltà gestionali ed economiche ed auspicano che la popolazione
possa ottenere una specie di “passaporto vaccinale” come in Israele.
Terminano qui i miei interventi su questo blog riguardanti la pandemia da SARS-Covi, un argomento gigantesco, di cui ho scelto solo alcuni aspetti che ho ritenuto fondamentali, sfrondando una lunghissima serie di poco utili discussioni che si sono accavallate nel corso di questi ormai non pochi mesi pandemici. Ho cercato di puntare l’attenzione su quanto ci è utile conoscere per guidare i nostri comportamenti, soprattutto al fine di tendere tutti assieme verso la soluzione del problema, che per quanto complessa, è comunque alla nostra portata, ed è indissolubilmente legata alla nostra capacità di vaccinare l’intero pianeta.
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