martedì 30 novembre 2021

Pubblicazione del nuovo libro "Il Mondo che Vorrei"

di Mauro Rapa

Presidente Associazione Culturale "La Via della Seta"

Lo scorso anno, in piena pandemia, lanciammo l’idea di raccogliere in un libretto, i “Liberi Pensieri del Cuore” che i Soci e gli Amici dell’Associazione Culturale La Via della Seta, avevano scritto, esternando emozioni e frammenti di vita che le restrizioni del Coronavirus avevano in loro generato.

Un momento difficile, sicuramente unico nel suo genere, che ha sconvolto o perlomeno modificato il modo di vivere di ognuno di noi, nei confronti del proprio essere, della propria famiglia e della società nel suo complesso e variegato mondo.

Il Direttivo dell’Associazione, consapevole di aver immortalato quei tristi e perduranti momenti, ha voluto però lanciare uno sguardo ed una sfida in avanti, con fiducia, speranza e la certezza che anche dalle più grosse tragedie se ne possono trarre elementi di positività ed indicazioni utili per il futuro.

Nasce così l’idea di proporre ai Soci e agli Amici LVDS, una nuova sfida che si basa sull’esperienza dei Liberi Pensieri del Cuore.

Con “il Mondo che vorrei”, partendo da una “Esperienza di vita ad un sogno”,  ognuno esternerà il proprio pensiero rivolto al futuro dove un sogno possa anche diventare realtà.

"Il Mondo che Vorrei" AA.VV.

Ancora una volta la partecipazione è stata importante e noi, con questo libretto,  ci accingiamo a presentarvi questi sogni ed è il caso di dire che, leggendoli, alcuni risulteranno anche ripetitivi e scontati, ma nel complesso si evince il desiderio e l’aspirazione di molti per una società più solidale, più giusta, più onesta, più ecologica, più…più…più.
Noterete che ogni singolo pensiero, in base al proprio livello culturale, alle proprie esperienze, alla propria attività, alla propria sensibilità, converge, con modi espressivi diversi, in un finale unico che non è scontato, ma che è reale, passa attraverso il sogno, è gestito dalla realtà e tutti vogliono qualcosa di speciale ed irrinunciabile che io definisco sempre con “ voglio stare bene”.
Ringrazio tutti gli Autori per il loro contributo, ringrazio Ideostampa per la sempre professionale e sincera collaborazione, e tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione di questo piccolo ma pur sempre, per noi, prezioso libretto.
Buona Lettura.
 

domenica 1 agosto 2021

IL PUNTO DI PAREGGIO (BREAK EVEN POINT)

 di Luciano Giambartolomei

QUALE E’ IL VOLUME DI ATTIVITA’ CHE L’AZIENDA DEVE RAGGIUNGERE PER COPRIRE TUTTI I SUOI COSTI FISSI DI STRUTTURA ED ENTRARE NELLA ZONA DEI PROFITTI?



In questo articolo ci si propone di dare una risposta alla seconda delle domande che ogni imprenditore si pone quando deve decidere la programmazione economica della sua azienda.

Recuperiamo dal precedente articolo la tabella 03 possiamo rilevare che man mano che il volume delle attività si riduce, passando:


                                                 da € 12.000.000

                                                 a   € 11.000.000

                                                 a   € 10.000.000

                                                 a      9.000.000

                                                 a      8.000.000

l’utile si riduce, passando:

                                                 da € 1.054.000

                                                 a       777.000

                                                 a       500.000

                                                 a       223.000

                                                 a       - 54.000

I altri termini, a causa delle differenti incidenze dei costi fissi sui ricavi, man mano che il volume di attività diminuisce, diminuiscono anche gli utili fino ad annullarsi; dopo di che si entra nella ZONA DELLE PERDITE.

Esiste un volume di attività in corrispondenza al quale si ha una inversione di tendenza: questo punto viene detto PUNTO DI PAREGGIO (BREAK EVEN POINT).

Il significato del PUNTO DI PAREGGIO è il seguente:

  •        Se il volume delle vendite dell’azienda resta al disotto del PUNTO DI PAREGGIO si è nella “zona delle perdite” perché i ricavi conseguiti dalla vendita dei prodotti sono inferiori ai costi sostenuti per produrli.
  •        Se il volume delle vendite dell’azienda supera il PUNTO DI PAREGGIO si è nella “zona dei profitti” perché i ricavi conseguiti dalla vendita dei prodotti sono superiori ai costi sostenuti per produrli, per cui si ha la formazione dell’utile.

Ogni azienda ha un suo proprio PUNTO DI PAREGGIO che dipende dall’incidenza percentuale dei costi variabili e dal valore assoluto dei costi fissi. Ed è chiaro che ogni imprenditore è fortemente interessato a conoscere in precisi termini quantitativi il volume di vendite corrispondente al PUNTO DI PAREGGIO, perché esso rappresenta la soglia fra “zona delle perdite” e “zona dei profitti”.

I SISTEMI DI COSTO TRADIZIONALI sono incapaci a determinare il PUNTO DI PAREGGIO perché discriminano fra costi variabili di prodotto e costi fissi di struttura.

IL SISTEMA DEL MARGINE DI CONTRIBUZIONE è, invece, in grado di pervenire a tale determinazione per via analitica.

DETERMINAZIONE ANALITICA DEL PUNTO DI PAREGGIO

Il volume di vendite in corrispondenza al quale si ha il totale recupero dei costi (variabili e fissi) senza però avere né un euro di perdita, né un euro di utile si può ricavare analiticamente.

Si usa la seguente formula:

                                                          costi fissi

Punto di pareggio = ---------------------------------------------------------------

                                   (1 – incidenza % dei costi variabili sui ricavi)





Il significato del PUNTO DI PAREGGIO è il seguente:

  •        Se il volume delle vendite dell’azienda resta al disotto del PUNTO DI PAREGGIO si è nella “zona delle perdite” perché i ricavi conseguiti dalla vendita dei prodotti sono inferiori ai costi sostenuti per produrli.
  •        Se il volume delle vendite dell’azienda supera il PUNTO DI PAREGGIO si è nella “zona dei profitti” perché i ricavi conseguiti dalla vendita dei prodotti sono superiori ai costi sostenuti per produrli, per cui si ha la formazione dell’utile.

Ogni azienda ha un suo proprio PUNTO DI PAREGGIO che dipende dall’incidenza percentuale dei costi variabili e dal valore assoluto dei costi fissi. Ed è chiaro che ogni imprenditore è fortemente interessato a conoscere in precisi termini quantitativi il volume di vendite corrispondente al PUNTO DI PAREGGIO, perché esso rappresenta la soglia fra “zona delle perdite” e “zona dei profitti”.

I SISTEMI DI COSTO TRADIZIONALI sono incapaci a determinare il PUNTO DI PAREGGIO perché discriminano fra costi variabili di prodotto e costi fissi di struttura.

IL SISTEMA DEL MARGINE DI CONTRIBUZIONE è, invece, in grado di pervenire a tale determinazione per via analitica.

DETERMINAZIONE ANALITICA DEL PUNTO DI PAREGGIO

Il volume di vendite in corrispondenza al quale si ha il totale recupero dei costi (variabili e fissi) senza però avere né un euro di perdita, né un euro di utile si può ricavare analiticamente.

Si usa la seguente formula:

                                                          costi fissi

Punto di pareggio = ---------------------------------------------------------------

                                   (1 – incidenza % dei costi variabili sui ricavi)







Applicando la formula, si ha:

                                     2.270.000           2.270.000

Punto di pareggio = --------------------- = -------------------- = 8.195.000 €

                                   (1 – 0.723)                  0.277

Ciò significa che:

  •        Se l’azienda ha ricavi uguali a € 8.195.000 copre esattamente tutti i costi e non ha né un euro di perdita, né un euro di utile.
  •        Se l’azienda supera il punto di pareggio ha un utile, e questo utile è pari al 27,7 % dell’eccedenza rispetto al punto di pareggio.
  •        Se l’azienda resta al disotto del punto di pareggio ha una perdita, e questa perdita è pari al 27,7 % di quanto manca rispetto al punto di pareggio.

Verifichiamo se quanto detto è esatto prefigurando tre diverse alternative:

1° alternativa: ricavi = € 8.195.000

Ricavi uguali al punto di pareggio

2° alternativa: ricavi = € 9.195.000

Ricavi che superano il punto di pareggio € 1.000.000

3° alternativa: ricavi = € 7.995.000

Ricavi inferiori al punto di pareggio di € 200.000

1° alternativa


I dati sintetici riportati nella tabella 1° alternativa permettono di verificare che il volume di vendite corrisponde a ricavi pari a € 8.195.000è proprio quello relativo al PUNTO DI PAREGGIO.

Infatti esso, pur dando luogo al recupero totale dei costi, non determina alcun utile.

2° alternativa


I dati riportati nella 2° tabella dimostrano due cose:

  •       Quando il volume delle vendite dà luogo a ricavi superiori al PUNTO DI PAREGGIO l’azienda consegue un utile.
  •       L’utile è effettivamente pari al 27,7 % dell’eccedenza rispetto al PUNTO DI PAREGGIO.

Infatti: 27,7 % di € 1.000.000 = € 277.000

 

 

3° alternativa


I dati riportati nella 3° tabella dimostrano due cose:

  •        Quando il volume delle vendite dà luogo a ricavi inferiori al PUNTO DI PAREGGIO l’azienda soffre una perdita.
  •       La perdita è effettivamente pari al 27,7 % di quanto manca per raggiungere il PUNTO DI PAREGGIO.

Infatti: 27,7 % di € 200.000 = € 55.400

SIGNIFICATO OPERATIVO DEL PUNTO DI PAREGGIO

Per poter realizzare il ciclo produttivo l’azienda deve darsi una sua struttura produttiva (impianti, macchine, attrezzature), una sua struttura organizzativa (dirigenti, quadri), una sua struttura tesa allo sviluppo (studi, ricerche, mezzi promozionali).

Questa struttura dà luogo al sorgere di costi fissi, in quanto indipendenti dal volume di produzione.

Se il volume di produzione resta al disotto del PUNTO DI PAREGGIO, la struttura aziendale è insufficientemente sfruttata rispetto alle sue potenzialità. Ne consegue che l’incidenza percentuale del suo costo del suo costo viene ad essere eccessiva al punto da dare luogo ad una perdita.

Viceversa, se il volume di produzione supera il PUNTO DI PAREGGIO, la struttura aziendale opera con grado di saturazione rilevante per cui l’incidenza percentuale del suo costo va decrescendo e dà luogo al profitto.

 

ESEMPI DI CALCOLO DEL PUNTO DI PAREGGIO

 

Ora consideriamo il caso di alcune aziende manifatturiere di medie dimensioni.

AZIENDA A

Essa è caratterizzata dai seguenti elementi:




Si ha:

                                         costi fissi                            2.000.000 €

Punto di pareggio = ------------------------------------- = ------------------------ =

                                     1 - % costi variabili                  (1 - 0,60)

      2.000.000 €

= -------------------- = 5.000.000 €

          0,40

Possiamo fare le seguenti deduzioni:

  •        In corrispondenza ad un volume di vendite pari a 5.000.000 € l’azienda fa una patta.
  •       Sull’eccedenza rispetto al punto di pareggio l’azienda guadagna il 40 % (cioè la differenza fra 100 % e l’incidenza del costo variabile).

Possiamo verificare entrambe le cose.

Se l’azienda consegue ricavi pari a 5.000.000 € si ha:

Ricavi                                                  € 5.000.000

Costi variabili (60% di 5.000.000)          € 3.000.000

Costi fissi                                             € 2.000.000

Totali costi                                          € 5.000.000

Perdita                                                          0

Utile                                                              0

Se l’azienda consegue ricavi pari a € 8.000.000 (come nell’esempio considerato) supera il punto di pareggio di € 3.000.000 e guadagna proprio il 40% sull’eccedenza:

                                                   40% di € 3.000.000 = € 1.200.000

AZIENDA B

Essa è caratterizzata dai seguenti elementi:


Si ha:

                                         costi fissi                            1.000.000 €

Punto di pareggio = ------------------------------------- = ------------------------ =

                                     1 - % costi variabili                  (1 - 0,75)

      1.000.000 €

= -------------------- = 4.000.000 €

          0,25

Tale determinazione permette di dire che:

  •        In corrispondenza ad un volume di vendite pari a 4.000.000 € l’azienda sostiene costi pari ai ricavi e non ha né utile né perdite.
  •        Sull’eccedenza rispetto al punto di pareggio l’azienda guadagna il 25 % (cioè la differenza fra 100 % e l’incidenza del costo variabile).

Possiamo verificare entrambe le cose.

Se l’azienda consegue ricavi pari a 4.000.000 € si ha:

Ricavi                                                  € 4.000.000

Costi variabili (75% di 4.000.000)          € 3.000.000

Costi fissi                                             € 1.000.000

Totali costi                                          € 4.000.000

Perdita                                                          0

Utile                                                              0

Se l’azienda consegue ricavi pari a € 7.200.000 (come nell’esempio considerato) supera il punto di pareggio di € 3.200.000 e guadagna proprio il 25% sull’eccedenza:

                                       25% di € 3.200.000 = € 800.000

AZIENDA C

Essa è caratterizzata dai seguenti elementi:


Si ha:

                                         costi fissi                            500.000 €

Punto di pareggio = ------------------------------------- = ------------------------ =

                                     1 - % costi variabili                  (1 - 0,90)

      500.000 €

= -------------------- = 5.000.000 €

          0,10

Tale determinazione permette di dire che:

  •       In corrispondenza ad un volume di vendite pari a 5.000.000 € l’azienda sostiene costi pari ai ricavi e non ha né utile né perdite.
  •        Su quanto manca per arrivare al punto di pareggio l’azienda perde il 10 % (cioè la differenza fra 100 % e l’incidenza del costo variabile).

Verifichiamo le due cose.

Se l’azienda consegue ricavi pari a 5.000.000 € si ha:

Ricavi                                                  € 5.000.000

Costi variabili (90% di 5.000.000)          € 4.500.000

Costi fissi                                             €    500.000

Totali costi                                          € 5.000.000

Perdita                                                          0

Utile                                                              0

Se l’azienda consegue ricavi pari a € 4.200.000 (come nell’esempio considerato) rimane sotto il punto di pareggio di € 800.000 e perde proprio il 10% di tele importo:

                                       10% di € 800.000 = € -80.000 perdita

Se siete interessati a condividere dei vostri quesiti in merito, scrivete le vostre richieste per ricevere gratuitamente informazioni.





sabato 17 luglio 2021

I Vantaggi competitivi sono davvero transitori? - Terza Parte

di Pierluigi Venturi 

Con questo post concludiamo la riflessione sui Vantaggi competitivi iniziata nel mese di Febbraio (per chi volesse riprendere il ragionamento dall’inizio, di seguito i link dei post precedenti Vantaggi Competitivi - Prima Parte - Vantaggi Competitivi - Seconda Parte ).

Il titolo che ho voluto dare a questo terzo articolo, credo che chiarisca piuttosto bene dove andremo a parare. In altri termini, il ragionare sulle questioni che ruotano attorno ai vantaggi competitivi, non può avere una fine. Si tratta dell’elemento che fa fare la differenza a tutte le imprese, il punto di partenza di qualsiasi strategia aziendale, in definitiva: ciò che consente all’impresa di stare sul mercato.

Nell’articolo precedente avevo citato Rita McGrath e il suo libro sulla fine del vantaggio competitivo sostenibile, e sulla necessità di pensarlo invece come ad un qualcosa di transitorio. Per rendere l’idea su quello che dovesse essere il comportamento dell’imprenditore avevo utilizzato la metafora del surfista: sempre alla ricerca di onde che gli consentano di raggiungere la riva restando in piedi. 

Insisto sul lavoro della McGrath perché il suo manuale dei vantaggi competitivi transitori deriva da una ricerca molto accurata che la stessa professoressa della Columbus School realizzò con il suo gruppo di lavoro nel 2010.

Rita ed il suo gruppo avevano preso in esame tutte le imprese quotate in tutte le borse del mondo con una capitalizzazione di borsa superiore al miliardo di dollari americani alla fine del 2009. Il numero era pari a 4.793. Cosa stavano cercando? I “fuori classe della crescita”. Vale a dire le imprese che erano riuscite a crescere più della media in modo costante in un determinato periodo. Considerato che, nei 5 anni precedenti (2004-2009) il PIL mondiale era cresciuto mediamente di un 4% all’anno, vollero verificare quante aziende avessero superato il 5% di ricavi e di utili costanti ogni anno (Per essere considerati dei “fuoriclasse della crescita” dovevano risultare più bravi della media!). Il risultato fu che solamente l’8% delle aziende precedentemente individuate era riuscito a superare un incremento dei ricavi del 5%, ogni anno e per tutto il periodo considerato. Spostando il discorso sugli utili netti la percentuale raggiungeva appena il 4%. Il pensiero del gruppo di studio fu che, probabilmente, considerare solamente il quinquennio 2004-2009, a fronte della grande recessione registrata del 2008, fosse stato troppo severo per quelle imprese che, magari erano gestite bene, ma non erano riuscite a sottrarsi alla grande recessione. Così, mantenendo fermi i parametri sopra menzionati, riformularono l’analisi prendendo in considerazione il periodo 2000-2004. I numeri migliorarono, anche se non in modo eclatante. Infatti si ottenne un 15% per i ricavi ed un 7% per gli utili. Analizzando quindi, il periodo precedente la grande recessione, poterono verificare che le aziende, costantemente cresciute negli anni, non erano per nulla la media e questa cosa stimolò la loro curiosità. Presero allora come riferimento l’intero periodo 2000-2009 e il risultato fu che le aziende capaci di crescere tutti gli anni in modo costante e progressivo di almeno il 5%, sia in termini di ricavi che di utili erano esattamente dieci (cfr. Tabella 1). 


Tabella 1 : Fonte ricerca Rita Gunther McGrath-2010-The end of competitive advantage


Successivamente la McGrath, prese tutte queste aziende e le confrontò con i tre principali concorrenti di riferimento e poi fra loro, per comprendere quali fossero le ragioni di una crescita così coerente e costante negli anni. La conclusione fu che le dirigenze delle dieci imprese esaminate, pur perseguendo strategie con una prospettiva di lungo periodo, erano consapevoli che quello che stavano facendo in quel momento, qualunque cosa fosse, non sarebbe stato l’elemento determinante della loro crescita futura. Altra cosa interessante che emerse dall’analisi e che accomunava tutte le dieci aziende era la modalità operativa: riuscivano a mantenere una buona stabilità interna all’impresa a fronte di un’eccezionale incoraggiamento all'agilità esterna. 

La letteratura economica ci offre molti esempi eclatanti di aziende che non hanno saputo leggere i profondi cambiamenti che stavano avvenendo sul mercato e che hanno dovuto fare i conti con la transitorietà dei loro vantaggi competitivi. Spesso in maniera dolorosa. La cosa strana è che nonostante i dirigenti di queste imprese abbiano vissuto sulla propria pelle i cambiamenti che spesso il mercato aveva proposto, non sono riusciti ad elaborare strategie diverse. Analizzare in profondità questo aspetto ci porterebbe lontani, ma ciò che posso dire, sulla base della mia esperienza, è che uno dei motivi principali per il quale i manager (o gli imprenditori) non riescono a scrollarsi di dosso il paradigma che li ha accompagnati durante la loro carriera, è quello di adagiarsi alla routine e sottovalutare il cambiamento. Si fidano troppo del loro istinto.  Inoltre, le organizzazioni, grandi o piccole che siano, abituate a mettere in fila strisce di successi, disimparano a gestire le difficoltà e quando accade, generalmente, i loro dirigenti cominciano a mettersi alla ricerca di colpevoli per attribuire colpe, ma così facendo ritardano ulteriormente l’individuazione delle soluzioni. Prima del baratro, normalmente, i gruppi si rinsaldano e si torna a lavorare con spirito di squadra anche se, spesso, è troppo tardi. Il timing è sempre decisivo nelle scelte di qualsiasi imprenditore, ma nei momenti di crisi è l’aspetto fondamentale per una soluzione efficace. Trovare una “cura” quando il paziente è morto, evidentemente è un non senso.

Volendo citare qualche caso, dove si sono sviluppate le dinamiche sopra descritte, possiamo segnalare le storie di Kodak, Blockbuster, Nokia e BlackBurry. Quest’ultime per non aver saputo interpretare il cambiamento introdotto dall’I Phone, anche se le conseguenze sono state diverse per le rispettive aziende: Nokia ha ceduto il ramo di telefonia mobile a Microsoft ed è ancora nelle 500 aziende più importanti al mondo; BlackBurry ha chiuso definitivamente i battenti nel 2019.


Il cambiamento, nei casi appena citati, era collegato agli aspetti tecnologici, ma potrei citare tante altre situazioni in cui la stessa tecnologia non ha giocato un ruolo determinante. Ad esempio nella grande distribuzione. Auchan ha ceduto i propri punti vendita alla cordata Conad-Mincione. E pensare che aveva una posizione assolutamente dominante in tutti segmenti della distribuzione, quindi non solo GDO. Ferretti group, un leader nel mondo della nautica da diporto, da 50 anni assoluto player mondiale di riferimento per questo settore di nicchia, ha rischiato più volte di chiudere bottega finché nel 2013 è stato acquistato da parte del colosso Cinese Weichai. ll mondo della moda è pieno di esempi dove cattiva interpretazione del cambiamento, abbinati ad effimeri vantaggi competitivi legati a brand che per qualche motivo riescono a fare presa sul mercato, sono all’ordine del giorno.

In definitiva, avere un approccio strategico orientato alla transitorietà del vantaggio e quindi, alla ricerca/costruzione costante di nuove opportunità, è di fondamentale importanza per contenere gli effetti negativi di errori di valutazione e crisi. Tale approccio consente di affrontare anche cambiamenti più importanti in quanto gli imprenditori e i dirigenti sono già allenati al “non adagiarsi alla routine” perché è meglio gestire piccole variazioni costanti della strategia aziendale piuttosto che grandi e dolorose ristrutturazioni quando il rischio di non riuscire è sempre molto elevato. In altri termini, vale sempre l’adagio secondo il quale prevenire è meglio che curare. Questa cosa riguarda solo le grandi aziende? Assolutamente no! Anzi per le piccole è ancora più importante, in quanto generalmente hanno vantaggi competitivi più deboli.


Se volessimo rileggere la storia dell’evoluzione del fare impresa delle ditte artigiane/PMI ma anche grandi aziende, comprenderemmo come le decisioni degli imprenditori e manager siano state sempre condizionate dai cambiamenti avvenuti nel contesto interno o esterno all’impresa. Insomma, se rileggessimo la storia come strumento di gestione cercando di cogliere quel significante che connette passato, presente e futuro, superando l’affascinante dibattito tenutosi a fine ‘800 tra Villari e Benedetto Croce (per comprendere se la storia dovesse essere considerata una disciplina scientifica o “ridotta sotto il concetto generale dell’arte”), ci accorgeremmo che, il far impresa si sostanzia nell’interpretazione del cambiamento.  Tuttavia, può accadere di seguire tutte le istruzioni del “manuale del bravo imprenditore” - ammesso che esista un tale documento - di raggiungere una posizione dominante sul mercato e poi sparire velocemente. Come può succedere? Beh la risposta la dovremmo intuire! A volte, limitarsi a fare il “compitino”, soprattutto di fronte a cambiamenti radicali non basta. In questi casi, i cambiamenti, che possono provenire dall’innovazione tecnologia, dalle abitudini dei consumatori, dalla modifica delle relazioni sociali, dalle organizzazioni internazionali, dai movimenti culturali e politici ed altro, diventano difficili da interpretare anche da grandi imprese. Infatti, in questi casi, non si tratta di costruire un mindset orientato alla crescita sia dimensionale che culturale sul quale potrebbero mostrare dei deficit le piccole imprese.  Bene o male chi arriva ad avere una certa posizione sul mercato e la consolida nel tempo, significa, al netto di qualche caso isolato, che possiede dei buoni fondamentali del fare impresa. In questi casi l’Artigianite (come a me piace definire questa resistenza al cambiamento) colpisce gli imprenditori/dirigenti perché smettono di “allenarsi” nel cercare di interpretare il cambiamento e a non pensare al vantaggio competitivo come qualcosa di transitorio. Insomma, si fidano eccessivamente della posizione dominante conquistata, si adagiano alla routine e cominciano a sottovalutare le minacce del cambiamento in arrivo. Se volessimo utilizzare una metafora sportiva, potremmo dire che anche il campione di talento ha bisogno di allenarsi continuamente per esprimere tutto il suo potenziale. Tuttavia, se vuol essere qualificato come un “fuoriclasse”, oltre al talento ed all’allenamento deve avere anche una visione del gioco differente.

E allora non abbiamo scampo: dobbiamo considerare il vantaggio competitivo come qualcosa di transitorio ed adeguare conseguentemente le nostre strategie a questo concetto; dettato non da un vezzo di originalità ma dalla constatazione che il cambiamento sia una costante e non una eccezione. 

 

Concludo dicendo che, nel prossimo futuro, ogni imprenditore dovrà diventare (volente o nolente) un “ricercatore di vantaggi competitivi”. Per coloro che continuano ad avere dei dubbi li invito a seguire il seguente ragionamento:

 

1.     Il vantaggio competitivo sostenibile o transitorio che sia, se lo traduciamo in numeri, altro non è che margine di contribuzione per l’azienda (teoricamente superiore alla media di mercato per effetto dello stesso vantaggio);

2.     Il margine di contribuzione sappiamo essere quella cosa che, se raggiunge i costi fissi totali dell’azienda, le consente di sopravvivere e stare sul mercato. Ovviamente l’obiettivo di qualsiasi imprenditore non è solo quello di sopravvivere, ma di ottenere dei profitti dalla sua attività, anche perché con l’aria di volatilità che tira, basterebbe un soffio di vento per uscire dal mercato. Tuttavia il margine di contribuzione o la riduzione dei costi fissi (considerato che il break even è un rapporto) dovrebbe, a mio avviso, non solo consentire di raggiungere un giusto utile, per gratificare l’imprenditore, ma dovrebbe consentire, in quota parte, anche degli investimenti, soprattutto nella ricerca di nuovi vantaggi competitivi;

3.     La ricerca di nuovi vantaggi competitivi, fatta in modo sperimentale dovrebbe portare a nuove opportunità che, come detto sopra, rappresentano altro margine di contribuzione per l’azienda; innescando così un circolo virtuoso di crescita sano, come rappresentato in figura.2. In alternativa, se siamo più pessimisti lo possiamo immaginare come un approccio per difenderci dalle minacce che, dato il contesto competitivo, possono arrivare da più parti.

Figura 2. Percorso di crescita e/o di tutela contro i rischi per un’impresa





4.In definitiva, ogni impresa, grande o piccola che sia, ha necessità di avere costantemente dei vantaggi competitivi per crescere e/o poter restare sul mercato. Siccome stanno diventando sempre più transitori non si può smettere di cercarne di nuovi. 

 

 

 

Buon lavoro!


domenica 23 maggio 2021

Come variano i Costi e il Risultato Economico al variare del Volume di Attività dell'Azienda?

 di Luciano Giambartolomei


Previsione dei ricavi e dei costi d’esercizio della società ABC

Con questo articolo inizieremo a dare una risposta a ciascuna delle domande che ogni imprenditore si pone quando deve decidere in merito alla programmazione economica della sua azienda.


 

La previsione completa dei ricavi e dei costi di esercizio della società ABC è riportata nella tabella 01.


Tabella 01

Rappresentazione dei costi variabili

Partendo dalla previsione dei ricavi e dei costi di esercizio, tabella 01 possiamo riportare qui di seguito i costi variabili:

          Materie prime                                                                    € 3.600.000

          Manodopera diretta                                                            € 1.800.000

          Materiali di consumo                                                          €    120.000

          Forza motrice                                                                    €     120.000

          Interessi passivi su crediti a clienti                                      €      190.000

          Provvigioni a rappresentanti                                               €    1.000.000

          Tasse e imposte                                                                €       400.000

          Totale costi variabili                                                         €     7.230.000

 

L’incidenza percentuale dei costi variabili sui ricavi è:

 

                Incidenza dei costi variabili sui ricavi = costi variabili / ricavi =

                = € 7.230.000 / € 10.000.000 = 0,723 = 72,30 %

 

Dire che i costi variabili hanno una incidenza pari al 72,30 % dei ricavi permette di porre le seguenti relazioni:

  Volume di produzione                                                                      Costi variabili

             (ricavi)

 

                            0 €                                                                                            0 €

                  100.000 €                                                                                   72.300 €

                  200.000 €                                                                                 144.600 €

                ……………                                                                               ……………..

                ……………                                                                               ……………...

             10.000.000 €                                                                               7.230.000 €

 



Rappresentazione dei costi fissi

Partendo dalla previsione dei ricavi e dei costi di esercizio riportata nella tabella 01 possiamo desumere i costi fissi:

          Manodopera indiretta                                                         € 270.000

          Impiegati tecnici                                                                 € 110.000

          Illuminazione e riscaldamento                                             € 120.000

          Ammortamento fabbricato                                                  €   60.000

          Ammortamento impianti e macchine                                   € 500.000

          Impiegati amministrativi e commerciali                                € 150.000

          Postali, telefoniche, cancelleria                                           €   50.000

          Viaggi e rappresentanza                                                     €   60.000

          Interessi passivi su mutui                                                   € 800.000

          Pubblicità e fiere                                                                € 150.000

          Totale costi fissi                                                             € 2.270.000

Possiamo porre in evidenza la relazione esistente fra volume di produzione e costi fissi:

   Volume di produzione                                                            Costi fissi

            (ricavi)

 

                            0 €                                                                         2.270.000 €

                  100.000 €                                                                         2.270.000 €

                  200.000 €                                                                         2.270.000 €

              ……………...                                                                       ………………

              ……………...                                                                       ………………

             10.000.000 €                                                                         2.270.000 €

 


Quale che sia il volume di produzione l’entità dei costi fissi resta costante

Come variano i costi e il risultato economico al variare del volume di attività dell’azienda?

Riprendiamo in considerazione la tabella 01 che riporta la previsione dei ricavi e dei costi di esercizio della società ABC.

Ricavi                                                                               € 10.000.000

          Costi variabili:       Materie prime                                      €   3.600.000

                                       Manodopera diretta                            €   1.800.000

                                       Materiali di consumo                             €      120.000

                                       Forza motrice                                       €      120.000

                                       Interessi passivi su crediti a clienti         €      190.000

                                       Provvigioni a rappresentanti                  €   1.000.000

                                       Oneri fiscali                                          €      400.000

                                       Spese generali variabili                       €   1.830.000

          Costi fissi:

                                       Manodopera indiretta                            €      270.000

                                        Impiegati tecnici                                   €      110.000

                                       Illuminazione e riscaldamento               €      120.000

                                       Ammortamento fabbricato                    €        60.000

                                       Ammortamento impianti e macchine      €      500.000

                                       Impiegati amministrativi e commerciali   €      150.000

                                       Postali, telefoniche, cancelleria              €        50.000

                                       Viaggi e rappresentanza                       €        60.000

                                       Interessi passivi su mutuo                     €      800.000

                                       Pubblicità e fiere                                   €      400.000

                                       Totale costi fissi                                 €   2.270.000

          Utile                                                                                  €      500.000


Questa suddivisione è estremamente operativa perché permette di tenere conto di come si comportano le varie voci di costo quando il volume di produzione aumenta o diminuisce.

In particolare nel nostro caso considereremo cinque alternative di volume di produzione:

  •     Volume di produzione ridotto del 20 % rispetto al normale
  •      Volume di produzione ridotto del 10 % rispetto al normale
  •       Volume di produzione normale corrispondente a € 10.000.000
  •       Volume di produzione aumentato del 10 % rispetto al normale
  •       Volume di produzione aumentato del 20 % rispetto al normale

Prospetto operativo dell’andamento dei ricavi dei costi e del risultato economico

La tabella 02 che segue riporta ciò che è stato detto nel precedente articolo suddividendo i ricavi in due raggruppamenti:

ANDAMENTO  DEI RICAVI, DEI COSTI E DEL RISULTATO ECONOMICO

 

Volume di attività

 

Ridotto del 20 %

Ridotto del 10 %

Normale

Aumentato del 10%

Aumentato del 20%

Ricavi

 

Materie prime

Manodopera diretta

Spese gen. Variabili

 

€ 8.000.000

 

€ 2.800.000

€ 1.440.000

€ 1.464.000

€ 9.000.000

 

€ 3.240.000

€ 1.620.000

€ 1.647.000

€ 10.000.000

 

€ 3.600.000

€ 1.800.000

€ 1.830.000

€ 11.000.000

 

€ 3.960.000

€ 1.980.000

€ 2.013.000

€ 12.000.000

 

€ 4.320.000

€ 2.160.000

€ 2.196.000

Costi variabili

 

 

Costi fissi

 

 

Utile

Perdita

€ 5.784.000

72,3 % ricavi

 

€ 2.270.000

28,4 % ricavi

 

 

          0

- € 54.000

- 0.70 %

€ 6.507.000

72,3 % ricavi

 

€ 2.270.000

25,2 % ricavi

 

 

€ 223.000  2,5%

€ 7.230.000

72,3 % ricavi

 

€ 2.270.000

22,7 % ricavi

 

 

€ 500.000  5%

€ 7.953.000

72,3 % ricavi

 

€ 2.270.000

20,6 % ricavi

 

 

€ 777.000  7,1%

€ 8.676.000

72,3 % ricavi

 

€ 2.270.000

18,9 % ricavi

 

 

€ 1.054.000   8,8%

 

Margine di contribuzione

 

€ 2.216.000

27,7 % ricavi

 

€ 2.493.000

27,7 % ricavi

 

€ 2.770.000

27,7 % ricavi

 

€ 3.047.000

27,7 % ricavi

 

€ 3.324.000

27,7 % ricavi

 



Questa suddivisione dimostra una volta di più ciò che è stato ripetutamente espresso:

  •  E’ illusorio pretendere di conoscere l’utile nel corso dell’esercizio.
  •    Esso può conoscersi solo alla fine dell’esercizio, in base al volume di attività raggiunto. Nel caso di cui la tabella 02 si ha infatti:

 

PERDITA = 0.7 % dei ricavi, se essi raggiungono € 8.000.000

UTILE       = 2,5 % dei ricavi, se essi raggiungono € 9.000.000

UTILE      = 5,0 % dei ricavi, se essi raggiungono € 10.000.000

UTILE      = 7,1 % dei ricavi, se essi raggiungono € 11.000.000

UTILE      = 8,8 % dei ricavi, se essi raggiungono € 12.000.000

·       In qualunque momento dell’esercizio, invece, si ha che l’incidenza percentuale dei costi variabili sui ricavi è costante.

Nel caso rappresentato nella tabella 02 si ha:

 

   COSTI VARIABILI = 72,3 % dei ricavi per tutte le alternative

 

·       In qualunque momento dell’esercizio, inoltre si ha che l’incidenza percentuale del margine di contribuzione è costante.

Nel caso rappresentato nella tabella 02 si ha:

 

    MARGINE DI CONTRIBUZIONE = 27,7 % dei ricavi per tutte le alternative

In altri termini, solo alla fine dell’esercizio si potrà conoscere l’incidenza percentuale dei costi fissi e dell’utile; ma in qualunque momento dell’esercizio la loro somma è pari al 27,7 % dei ricavi.

Ed è proprio per questo motivo che si è assunto il margine di contribuzione quale misura della redditività dei vari prodotti.

Poiché la struttura della società ABC è tale che il margine di contribuzione è pari al 27,7 % un prodotto che assicuri un margine di contribuzione del 40 % sarà certamente più redditizio della media; e lo sarà indipendentemente dal fatto che il volume di attività raggiunto alla fine dell’esercizio sia pari a € 12.000.000 o a € 8.000.000.

Ed analogamente un prodotto che dia luogo ad un margine di contribuzione del 18 % sarà certamente meno redditizio della media; e lo sarà indipendentemente dal volume di attività che verrà raggiunto alla fine dell’esercizio.

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